CRONACA

“L’LHC potrebbe essere la prima macchina del tempo”

Se l’ultima teoria di Tom Weiler e Chui Man Ho fosse corretta, il Large Hadron Collider (LHC, o in italiano Grande collisore di adroni) del Cern di Ginevra – il più grande acceleratore di particelle del mondo, in funzione dal 2009 – potrebbe essere la prima macchina capace di far viaggiare la materia indietro nel tempo.

CRONACA – Un’affermazione azzardata? In effetti, bisogna andarci molto cauti. Lo studio dei due ricercatori della Vanderbilt University (Stati Uniti), infatti, è stato pubblicato per ora soltanto su arXiv, che è un archivio per pubblicazioni scientifiche e non una peer review: ciò significa che non è ancora stato sottoposto a un processo di revisione paritaria, cioè al vaglio di altri esponenti della comunità scientifica. Del resto, anche gli stessi autori sostengono: “La nostra è una teoria arrischiata, ma non vìola alcuna legge fisica né contraddice risultati sperimentali”.

Andiamo con ordine. Uno degli scopi dell’LHC è trovare lo sfuggente bosone di Higgs, la particella che i fisici invocano per spiegare perché altre particelle come protoni, neutroni ed elettroni abbiano una massa. Se il collisore riuscirà a produrre il bosone di Higgs, alcuni scienziati predicono che creerà anche, allo stesso tempo, una seconda particella, detta singoletto di Higgs.

Secondo la teoria di Weiler e Ho, questi singoletti dovrebbero avere la capacità di saltare in una dimensione extra, la quinta, in cui potrebbero muoversi indietro o in avanti nel tempo, e riapparire nel futuro o nel passato. “Uno degli aspetti più interessanti di questo approccio al viaggio nel tempo è che evita tutti i grandi paradossi”, sostiene Weiler. “Dal momento che il viaggio nel tempo è limitato a queste speciali particelle, non è possibile per una persona viaggiare indietro nel tempo e uccidere uno dei propri genitori prima di nascere, per esempio. Tuttavia, se gli scienziati potessero controllare la produzione dei singoletti di Higgs, potrebbero essere capaci di inviare messaggi nel passato o nel futuro”.

La Teoria di Weiler e Ho è basata sulla M-teoria, una “teoria del tutto” (si chiamano così ipotetiche teorie che spieghino interamente, e colleghino insieme, tutti i fenomeni fisici conosciuti). Un piccolo gruppo di fisici teorici ha sviluppato la M-teoria al punto tale che questa può dare conto delle proprietà di tutte le particelle subatomiche e le forze note, incluso la gravità, con la “sola” particolarità di richiedere 10 o 11 dimensioni, invece delle solite quattro. Ciò ha portato all’ipotesi che il nostro universo sia una membrana quadridimensionale (brane, in inglese, tradotto come “brana” in italiano) che galleggia in uno spazio multidimensionale, detto bulk.

Secondo questa prospettiva, i costituenti elementari dell’universo sono legati alla brana in modo permanente, e non possono quindi viaggiare in altre dimensioni, Ci sono però delle eccezioni. Secondo alcuni, per esempio, la gravità sarebbe più debole delle altre forza proprio in virtù del fatto che si diffonde in altre dimensioni. Un’altra possibile spiegazione è il singoletto di Higgs, che risponde alla gravità, ma a nessuna delle altre forze.

Weiler cominciò a studiare il viaggio nel tempo sei anni fa, per spiegare delle anomalie che erano state osservate in alcuni esperimenti coi neutrini. Coi colleghi Heinrich Päs e Sandip Pakvasa dell’Università delle Hawaii (località a cui, di solito, non si associa esattamente la fisica teorica), Weiler ha formulato una spiegazione delle anomalie, basandosi sull’esistenza di una particella ipotetica, detta neutrino sterile, capace di viaggiare attraverso le dimensioni.

Weiler, Päs e Pakvasa hanno proposto che i neutrini sterili viaggino più veloci della luce, prendendo “scorciatoie” attraverso le extradimensioni. Secondo la teoria della relatività generale di Einstein, ci sono alcune condizioni per le quali viaggiare più veloci della luce è equivalente a viaggiare indietro nel tempo. Ciò ha portato i fisici a entrare nel regno speculativo del viaggio del tempo. Nel 2007, gli stessi ricercatori, insieme con James Dent, un giovane laureato della Vanderbilt, ha inoltrato un articolo intitolato “Neutrino time travel”, che ha fatto un certo scalpore.

Le loro idee hanno riscosso il favore dei romanzi di fantascienza negli Stati Uniti. Final Theory di Mark Alpert, descritto dal New York Times come “una versione fisica de Il codice Da Vinci“, è basato appunto sull’idea dei neutrini che prendono scorciatoie nelle extradimensioni; il romanzo di Joe Haldeman The Accidental Time Machine parla di uno studente del MIT che s’improvvisa viaggiatore del tempo, e include una nota che descrive come l’ispirazione del romanzo sia venuta dal tipo di viaggio nel tempo descritto da Dent, Päs, Pakvasa e Weiler. Se la teoria di Weiler e Ho resterà fantascienza o invece diventerà qualcosa di più concreto, lo vedremo nel prossimo futuro. Non manca molto, infatti, all’LHC per raggiungere energie tali da permettere l’apparizione dei bosoni di Higgs.

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