COSTUME E SOCIETÀ

Quanta biologia, con William e Kate!

La scienza nascosta nel “matrimonio del secolo”.

COSTUME – Come sarà vestita lei? Come sarà la torta nuziale? Quanto  spenderanno i curiosi accorsi a Londra per l’occasione? E quanti seguiranno da casa il matrimonio del secolo, in tv, su youtube o via twitter? Le nozze del principe William con Kate Middleton si avvicinano e l’entusiasmo per l’evento non risparmia neppure “Cell”, una delle più importanti riviste scientifiche del mondo, specializzata in pubblicazioni di biologia cellulare e molecolare, oncologia molecolare, biochimica e simili. Robert Kruger, uno degli editor della rivista, è riuscito a scovare un sacco di scienza anche nelle pieghe della celebrazione più mondana che c’è , firmando una piccola rassegna di temi biologici collegati (con un po’ di fantasia, ok) alla reale unione. Eccoli .

Tanto per cominciare, si tratta di trovare il partner giusto. In quanto principe belloccio, erede di una casata famosa per le storie d’amore strappacuore, naturale che a William Arthur Philip Louis Mountbatten-Windsor non siano mancate le proposte. Ma come scegliere tra frotte di aspiranti principesse? Per Kruger, il “dilemma” ricorda da vicino quello dei fattori di trascrizione, proteine che avviano o regolano il processo di trascrizione del DNA in molecole di RNA. [Velocissimo ripasso di biologia molecolare: diciamo che i geni “codificano” per proteine, ma come si passa dal DNA alle proteine? Appunto attraverso l’RNA. Il DNA è trascritto in RNA che viene infine tradotto in proteina].

Il fatto è che la trascrizione non parte a caso, lungo sequenze qualsiasi di DNA, ma sempre e soltanto in corrispondenza di sequenze specifiche per i vari fattori di trascrizione. Dunque, al “povero” fattore di trascrizione tocca passare in rassegna lunghe stringhe di DNA (tutte le aspiranti pretendenti) fino a incappare nella sequenza giusta (la principessa del cuore), quella a cui può legarsi per dire al complesso di molecole che si occupano concretamente della trascrizione: “Ok, potete cominciare il lavoro da qui”.

Il parallelo è forse un po’ azzardato, ma consente a Kruger di ricordare una recente pubblicazione in cui un gruppo di ricercatori dell’Harvard Medical School propone un modello per spiegare come uno dei fattori di trascrizione più noti ai ricercatori, la proteina p53, ottimizza la sua ricerca delle sequenze specifiche a cui legarsi. Per farla breve, la proteina consiste di due porzioni: una che scivola via lungo il DNA, passandolo velocemente al setaccio, l’altra che tende a saltare da un punto all’altro del genoma, soffermandosi più a lungo in corrispondenza di sequenze promettenti.

Alla fine, comunque, William ha fatto la sua scelta. E qui scatta la favola, perché la promessa sposa sarà anche ricca, ma di certo non è nobile. E così una commoner, come dicono gli inglesi, si prepara a salire sul trono. Un po’ come succede negli alveari in cui a un certo punto muore la regina. Siccome ne serve una nuova, alcune larve, che pure erano destinate a diventare operaie, vengono nutrite dalle sorelle con una dieta particolarmente sostenuta a base di pappa reale, che le trasforma in regine. Qui, ricorda Kruger, tiriamo in ballo l’epigenetica, l’insieme di quei meccanismi chimici che permettono di modulare l’espressione dei geni senza modificare la sequenza del DNA e in particolare il ruolo della dieta nella modulazione di questi meccanismi. Non è ancora del tutto chiaro quali siano le componenti della pappa reale in grado di agire su questi meccanismi, ma uno studio pubblicato poche settimane fa su “Embo reports” sembra indicare un preciso coinvolgimento di un acido grasso contenuto nella pappa. A questo punto, però, la domanda sorge spontanea: che cosa avrà mangiato da piccola Kate Middleton per trasformarsi da grande in principessa?

Pronunciato il fatidico sì, comunque, anche per i neoconsorti reali comincerà la classica routine matrimoniale. Ricette sicure per la fedeltà non ce ne sono, neanche da un punto di vista scientifico; però l’occasione è ghiotta per fare il punto della situazione sulle basi biochimiche della monogamia. Il settore è di quelli ancora misteriosi, ma un piccolo aiuto viene dal Microtus ochrogaster, un’arvicola americana (e speriamo che la real coppia non se la prenda per l’accostamento), famosa appunto per la sua monogamia. Kruger riferisce di alcuni studi condotti su questo animale, che suggeriscono di un ruolo importante per l’armonia della coppia della vasopressina, un ormone che ha anche ruolo di neurotrasmettitore (cioè di molecola-messaggero con cui i neuroni si scambiano informazioni). Se la vasopressina manca, i maschi non sono poi così monogami, mentre se è presente in eccesso tendono a diventare aggressivi nei confronti delle femmine che non sono le rispettive partner.  Il passaggio dal topo (o dall’arvicola) all’uomo, si sa, è sempre delicato e controverso, però qualcosa in merito si può dire anche per la nostra specie. Nel 2008, infatti, alcuni ricercatori svedesi hanno osservato, nei maschi, un’associazione tra una variante nella sequenza del gene codificante per il recettore della vasopressina e alcuni aspetti legati alla stabilità nelle relazioni: pare che maschi con quella variante tendano a vivere le relazioni in modo più conflittuale e a preferire la convivenza al matrimonio.

Cerchiamo comunque di essere ottimisti, e auguriamo lunga vita al matrimonio reale. A Kate, dunque, sarà offerta la possibilità di diventare, un giorno, Regina Caterina d’Inghilterra. Altre regine caterine l’hanno preceduta in passato, tra cui la sfortunata  Catherine Howard, quinta moglie del re Enrico VIII. Decapitata nel 1542.  Certo, per le regine non è una bella fine, ma Kruger si premura di ricordarci che non per tutti la decapitazione è una tragedia. Non per l’idra, per esempio, un piccolo cnidario d’acqua dolce. Tagliata a metà, l’idra è in grado di rigenerare una testa, attraverso un meccanismo che coinvolge la superattivazione del gene Wnt3.

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Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance