CRONACA

Bruchi robot

GoQBot, un nuovo robot che si ispira ai bruchi, copiandone plasticità e motilità

NOTIZIE – Ancora una volta la natura è la fonte di ispirazione per nuove tecnologie. È la volta del bruco, al quale i ricercatori della Tufts University si sono ispirati per creare un nuovo robot.

A differenza delle macchne costruite dall’uomo, che in genere si basano su ruote per il sostegno e il movimento, alcuni animali possono formare ruote quando queste sono necessarie alla sopravvivenza, riconfigurando le strutture del proprio corpo (morphing) e utilizzando quindi non solo gli arti per la locomozione. I ricercatori hanno esaminato i comportamenti dei bruchi per trovare soluzioni per sviluppare una nuova generazione di robot da impiegare in operazioni di ricerca e soccorso e sostituirli a quelli attuali, estremamente flessibili, ma lenti.

Per simulare il movimento di un bruco, i ricercatori hanno progettato un robot dal corpo molle, lungo 10 centimetri, chiamato GoQBot, realizzato in gomma di silicone e azionato da bobine di una lega a memoria di forma, capace di appallottolarsi e rotolare ad una velocità più di 20 volte superiore agli altri tipi di movimento, proprio come fanno alcuni bruchi nelle situazioni di pericolo.

Sul fianco del GoQBot sono stati collocati 5 emettitori a infrarossi per registrarne i movimenti utilizzando uno degli ultimi sistemi di localizzazione 3D ad alta velocità (la conformazione del corpo cambia in meno di 100 ms) e, contemporaneamente, dei sensori misurano la forza sviluppata al momento dell’appallottolamento.

Per gli animali l’efficacia del rotolamento dipende dalla superficie su cui si muovono, è rischioso e richiede una grande quantità di energia: grazie alle osservazioni fatte, i ricercatori sono stati anche in grado di spiegare perché i bruchi non utilizzano abitualmente il rotolamento per muoversi, nonostante le sue prestazioni impressionanti.

Come ha dichiarato Huai-Ti Lin del Dipartimento di Biologia della Tufts University, “GoQBot può riconfigurare il suo corpo e potrebbe quindi migliorare numerose applicazioni robotiche, come il salvataggio urbano, l’ispezione delle costruzioni e il monitoraggio ambientale”. E prosegue spiegando che “A causa della maggiore velocità e autonomia, questi robot senza arti possono strisciare e rotolare e quindi possono essere introdotti in zone devastate da catastrofi naturali come gli  tsunami. Il robot può ruotare in un campo di detriti e sostituirsi a noi in situazioni di pericolo”. Non sorprende che questa ricerca sia stata finanziata dal DARPA ChemBits program, un programma militare che promuove lo sviluppo di nuove tecnologie da utilizzare nel corso di azioni complesse.

I risultati del progetto sono stati pubblicati in questi giorni sulla rivista Bioinspiration IOP Publishing & biomimetica.

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