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Salviamo il referendum sul nucleare

SPECIALE REFERENDUM – Gli italiani rischiano di vedersi scippato il diritto di esprimere la propria opinione sull’eventuale ritorno o il definitivo rifiuto dell’energia atomica. Le sorti del quesito sul nucleare, il terzo dei quattro previsti per il prossimo referendum del 12 e 13 giugno, sono in bilico dopo il voto di fiducia della Camera al decreto Omnibus. Decreto blindato dal governo, che contiene tra le altre misure l’emendamento della discordia: la cancellazione delle norme che aprono la strada alla costruzione di nuovi impianti, le stesse norme, in pratica, che il referendum chiede di cancellare. Con questo passaggio, teoricamente, il voto non avrebbe più senso di esistere. O no? “Si tratta di una presa in giro bella e buona”, tuonano i Comitati referendari “Vota Sì per Fermare il Nucleare” e “2 sì per l’Acqua Bene Comune” che il 23 e il 24 maggio si sono mobilitati con un presidio permanente di fronte a Piazza Montecitorio (i video della mobilitazione si possono guardare qui) e stanno organizzando iniziative in tutta Italia per la democrazia e in difesa del voto.

“Questo emendamento è una truffa: da un lato tenta di delegittimare il referendum, attraverso l’abrogazione delle norme oggetto del quesito referendario sul nucleare (commi 2-6), dall’altro però, stando ai commi 1 e 8 crea una disposizione sospensiva che non assicura l’addio al nucleare”. Una finta rinuncia al nucleare, quindi, che serve a rimandare decisioni delicate a tempi più propizi. Intanto, si eviterebbe lo scenario peggiore per l’attuale governo: un’affluenza record alle urne sull’onda dell’effetto Giappone (Sardegna docet). Sospendendo la questione nucleare – il tema, tra i quattro quesiti referendari, a cui l’opinione pubblica è sicuramente più sensibile dopo l’incidente di Fukushima – si avrebbe il duplice vantaggio di salvare il piano di rilancio del nucleare in Italia (la vittoria dei Sì, lo manderebbe a monte per sempre) e, in secondo luogo, ridimensionare l’appuntamento con le urne, depotenziarlo, rendendo più difficile il raggiungimento del quorum. Si vota, lo ricordiamo, anche per abrogare altre due questioni cruciali: le norme sull’acqua (il primo e il secondo quesito) e il legittimo impedimento (il quarto), tema particolarmente a cuore al premier.

“Che questa legge sia una farsa lo ha ammesso lo stesso Presidente del Consiglio”, sottolinea Maria Maranò, del Comitato referendario “Vota sì per fermare il nucleare”, riferendosi al colloquio tra Berlusconi e Sarkozy, del 26 aprile scorso. Dopo il vertice Italia-Francia, il premier disse senza peli sulla lingua: “Se fossimo andati oggi a quel referendum, il nucleare non sarebbe stato possibile per anni”.

Quindi, che fine farà il referendum sul nucleare? Si voterà oppure no? L’ultima parola non è ancora stata scritta. Spetterà infatti alla Corte di Cassazione decidere se la normativa entrata in vigore invaliderà il voto, oppure no. “Se passasse questo principio, si abolirebbe l’istituzione stessa del referendum, perché basterebbe votare una legge ad hoc e impedire al popolo di esprimersi. Noi non ci fermeremo”, giurano dal presidio davanti alla Camera, al quale ha partecipato anche anche Satoko Watanabe, leader dei Verdi giapponesi. “Siamo qui non solo per fermare il nucleare, ma anche per rompere il vergognoso silenzio sul referendum. È scandalosa la censura in atto nella televisione pubblica: sei minuti al giorno, in media, tra spot e tribune elettorali, per ciascun quesito. Mai in prima serata. E divieto di parlare del 12 e 13 giugno nelle trasmissioni di approfondimento e attualità. Eccola l’informazione Rai sui referendum. E hanno la faccia tosta di chiamarla informazione? Pretendiamo informazione corretta, esaustiva e in orari di massimo ascolto, affinché risulti garantito a tutti i cittadini il diritto al voto libero e informato”.

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