AMBIENTECRONACA

Quando l’inquinamento arriva nelle grotte

NOTIZIE – 121 grotte inquinate, 247 ostruite, 19 sparite: ad oggi questi sono i numeri che testimoniano l’inquinamento delle grotte dell’altipiano carsico. Il risultato di anni d’incuria e illegalità, durante i quali nelle grotte sono stati riversati liquami industriali, idrocarburi, acque fognarie di case private, e chiunque vi ha gettato oggetti di tutti i tipi, dai motorini ai residuati bellici ai pezzi di Eternit, come se le grotte fossero comodi immondezzai ad uso comune.

Nel 2010 la situazione è diventata di dominio pubblico, quando a gennaio è stato pubblicato su National Geographic l’articolo di Fabio Dalmasso, sceso nelle grotte assieme agli speleologi triestini Claudio De Filippo e Roberto Trevi, e al fotografo Fabio Liverani.

Come ha spiegato lo stesso De Filippo “Negli anni 60-70 c’era un vero e proprio far west ecologico e , quando parliamo di grotte gravemente inquinate, in effetti ci riferiamo sempre alle stesse, perché oggi nessuno si sognerebbe di fare cose del genere”. Prosegue lo speleologo triestino, “Le grotte inquinate sono ancora tante, tra le più famigerate il Pozzo del Cristo ed il Pozzo Mattioli presso Gropada, la Caverna presso la 17VG (numero di catasto della Venezia Giulia) in zona Trebiciano ed il Pozzo dei Colombi di Basovizza, senza contare quelle nella vicina Slovenia. Questa non è una novità, è da sempre che gli speleologi scendendo nelle grotte vedono quello che vi si è accumulato in anni d’incuria”.

Ogni grotta ha infatti una storia diversa e, negli anni, il tipo di materiali gettati è cambiato. È il caso di grotte riempite di pietrame, dove però, se si scava, si trovano magari scarichi fognari in disuso e negli strati più bassi può esserci dell’altro ancora. Ogni anno gli speleologi puliscono volontariamente un paio di grotte, calandosi e tirando fuori quello che è stato buttato. Scavare una grotta è difficile e faticoso. È un lavoro manuale e lungo, che spesso riporta alla luce anche pericolosi residuati bellici. Una vera e propria caccia al tesoro. Dove però non si vince nulla ed è l’ambiente a perdere sempre. O quasi, perché a volte ci sono anche belle notizie. Dopo l’articolo del 2010, la grotta di Repen è stata bonificata grazie all’intervento della Guardia Forestale che ha imposto la chiusura degli scarichi fognari di abitazioni private i quali finivano direttamente nella grotta.

Fabio Liverani ci ha gentilente concesso le foto di quel reportage per testimoniare la situazione di molte grotte della Venezia Giulia

(ph: Fabio liverani www.photofarm.it)

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