CRONACA

Il termometro sotto la lingua del dinosauro

NOTIZIE – Il dibattito decennale sul metabolismo dei dinosauri (erano animali a sangue caldo o a sangue freddo?) negli ultimi tempi sembra dar ragione all’ipotesi che si trattasse di animali endotermici, a sangue caldo appunto (soprattutto per l’accertata parentela con i moderni uccelli), ma lascia sempre spazio a qualche dubbio. Ora uno studio (pubblicato su Science Express) che ha utilizzato una tecnica mutuata dallo studio del paleoclima, dimostra che almeno per due specie di dinosauri (di grandi dimensioni), il brachiosauro e il camarasauro, la temperatura nella bocca (e presumibilmente nel resto del corpo) era piuttosto alta fra, i 36 e i 38 °C.

Questo naturalmente non dice nulla su come il dinosauro raggiungesse questa temperatura (la produceva attraverso il metabolismo, come i moderni animali a sangue caldo, o la assorbiva dall’ambiente, come i rettili attuali, animali ectotermici, cioè a sangue freddo?) ma la tecnica è promettente perché può fornire dati precisi da usare nelle simulazioni sulla fisiologia dei dinosauri e in futuro potrebbe permettere di dirimere la questione.

Ma come si è ottenuto questo dato così preciso? Robert Eagle, del Caltech di Pasadena, e colleghi  hanno analizzato la composizione isotopica dello smalto dei denti fossili di questi animali. Lo smalto dei denti è fatto di biopatite, un minerale. All’interno di questo minerale sono contenuti isotopi dell’ossigeno (ossigeno 18) e del carbonio (carbonio 13) che vengono inglobati quando il dente si forma. A seconda della temperatura in cui la biopatite si forma carbonio e ossigeno si raggruppano insieme in maniera più o meno consistente. In questo modo è facile risalire alla temperatura di formazione che è quella della bocca (e quindi come spiegano gli autori è un po’ come mettere il termometro sotto la lingua del dinosauro). Il margine di errore secondo gli scienziati è minimo: 1-2 ° C.

Il prossimo passo, per mettere un nuovo tassello nella comprensione del metabolismo dei dinosauri, sarà quello di calcolare la temperatura corporea di dinosauri di piccole dimensioni.

Un animale ectotermico di grandi dimensioni infatti può accumulare una gran quantità di calore, questo perché la superficie corporea (che è l’interfaccia che permette l’eliminazione del calore in surplus) è poca rispetto al volume dell’animale, cioè il rapporto volume/superficie è maggiore negli animali grandi e che in quelli piccoli, che si rinfrescano più facilmente.

Questo fenomeno è un vantaggio per gli animali ectotermici di grandi dimensioni perché rende stabile la temperatura interna e garantisce prestazioni simili a quelle di un animale endotermico (a sangue caldo). L’alta temperatura rilevata da Eagle e colleghi potrebbe dunque essere stata assorbita dall’ambiente. Se gli esami sui dinosauri più piccoli dimostrassero che anche questi avevano tempearture comparabili a quelle dei cugini più grandi si dimostrerebbe che si producevano il calore da soli e non semplicemente che trattenevano il calore dall’esterno, come avrebbero potuto fare quelli più grandi.

Il rapporto massa/superficie solleva un’altra questione importante che ha reso scettica una parte della comunità scientifica rispetto all’ipotesi sull’endotermia dei dinosauri. Se davvero i grandi dinosauri fossero stati animali a sangue caldo, come facevano a dissipare efficacemente il calore?

Se infatti oltre alla grande massa il dinosauro avesse una “caldaia” interna in grado di produrre il calore, la temperatura interna rischiava facilmente di diventare troppo elevata e la refrigerazione diventa assolutamente necessaria (è il caso dell’elefante africano, che usa le ampie orecchie per disperdere il calore).

Condividi su
Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.