AMBIENTE

Zoonosi inversa

Acropora palmata

Se si chiamano zoonosi le malattie che ci trasmettono gli animali, come si chiamano quelle che trasmettiamo loro?

AMBIENTE – Dalla fine degli anni Novanta l’Acropora palmata forma l’ossatura delle grandi barriere coralline nei Caraibi e davanti alle coste della Florida, soffre di una necrosi a chiazze causata dal batterio Serratia marcescens. L’ha scoperto nel 1819 il farmacista padovano Bartolomeo Rizzo in macchie rosso sangue sopra della polenta ammuffita e l’ha chiamato così in onore di Serafino Serrati, il monaco toscano inventore di un battello a vapore. Fino agli anni Settanta del secolo scorso era ritenuto innocuo per gli esseri umani, di solito portatori sani. Poi è stata isolato in diverse infezioni, più pericolose quelle contratte negli ospedali, che si curano con gli antibiotici.

Dal 2003 si sapeva che quel batterio era letale per l’Acropora. Nel frattempo l’80% ne è morto e il resto è classificato fra le specie a rischio di estinzione. Quello che non si sapeva è da dove provenisse il batterio. Da un lato ne esistono diversi ceppi, dall’altro è presente anche nella Coralliophila abbreviata, un gasteropode che bruca l’Acropora, nella Siderastrea siderea, un corallo meno appariscente di quanto prometta il nome, e nelle acque fognarie riversate nel mare dei Caraibi in quantità crescenti di pari passo con lo sviluppo turistico.

In una serie di esperimenti in acquari chiusi, Kathryn Patterson Sutherland del Rollins College, in Florida, e i suoi colleghi dell’università della Georgia, hanno usato i batteri isolati da ciascuno di questi ambienti per verificare quale ceppo era in grado di infettare un’Acropora sana. Pubblicano i risultati su PLoS One:

Il ceppo PDR60 trovato nelle acque fognarie e quello trovato nell’A. palmata provocavano sintomi di necrosi nel corallo sano in appena quattro e cinque giorni, rispettivamente, dimostrando che le acque fognarie sono proprio all’origine della necrosi.

Invece lo stesso ceppo proveniente dall’altro corallo era poco virulento e solo dopo 13 giorni, mentre quello del gasterope ci metteva 20 giorni a provocare le prime chiazze bianche. Né l’uno né l’altro possono essere all’origine della moria, concludono i ricercatori, semmai fanno da serbatoio, portatori sani come la maggior parte di noi.

È la prima volta che viene identificata una malattia dovuta a un patogeno trasmesso dagli esseri umani a un invertebrato marino, ma è difficile che sia l’unica. Come scrivono i biologi, adesso è ancora più chiara “l’interazione tra prassi sanitarie pubbliche e indici di salute ambientale”.  Come sempre su PLoS One l’articolo è in open access, si può scaricare e mandare ai sindaci delle località costiere italiane ancora prive di un depuratore…

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Foto: A. palmata dal bellissimo database di Coralpedia.

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