COSTUME E SOCIETÀ

Il gel per capelli dell’antico Egitto

COSTUME – Che gli egizi erano dei gran vanitosi si sa. È noto il loro amore per la cura del corpo, in particolare della pelle, e nel mondo antico le loro ricette per oli profumati e nutrienti, pomate curative e di bellezza, erano considerate le migliori; per motivi di estetica, ed anche per questioni igieniche, la ricerca di prodotti nuovi era una delle attività principali di medici e maghi.

Donne e uomini trattavano la loro pelle con creme derivate da erbe, fiori e argille provenienti dal delta del Nilo e lavorate con procedimenti che venivano testati più volte e poi tramandati su papiri, alcuni dei quali arrivati fino a noi. La pulizia, considerata anche in maniera spirituale come la purificazione del corpo, era uno degli aspetti centrali della vita egizia, soprattutto per i ricchi e certamente per il faraone, che, come prima attività della giornata, si dedicava ad un rituale chiamato “cerimonia di toeletta”, che prevedeva bagno, trucco e profumazione con l’incenso. Perfino la cura dei capelli era già nota all’epoca: parrucche, lozioni anticaduta e contro i capelli grigi. E poi l’amore per il trucco, specialmente degli occhi, in vita e dopo la morte. Perché in effetti per la civiltà egizia la cura per il corpo e l’igiene erano considerati aspetti che trascendono la pura estetica e sconfinano nella spiritualità e anche dopo la morte la bellezza come ideale puro si realizzava sul corpo del defunto attraverso trucchi, maschere funerarie e attraverso la mummificazione, il cui scopo principale era quello di mantenere l’aspetto del corpo così come era stato in vita. Nel normale processo di decomposizione, infatti, il corpo perderebbe mano a mano la sua identità, modificando l’aspetto fino al decadimento completo e al disfacimento.

L’unica parte del corpo che non cambia morfologia dopo la morte sono i capelli, ma gli egizi avevano certo pensato anche a quelli.

Si deve ad uno studio appena pubblicato sul Journal of Archaeological Science la scoperta che gli egizi usavano il gel per capelli, anche post-mortem. Studi precedenti sulle tecniche di mummificazione hanno utilizzato l’analisi di biomarker che hanno dimostrato l’uso da parte degli imbalsamatori di sostanze come oli, resine, cera d’api e perfino bitume, ma nessuno di quei lavori si è interessato specificatamente ad una singola area del corpo. Attraverso analisi chimiche e l’uso del microscopio elettronico gli autori di questo studio hanno invece potuto analizzare diversi campioni di capelli provenienti dal cimitero Kellis1, in Egitto nell’oasi di Dakhleh, dal Rosemount Museum del Colorado e dall’Ulster Museum in Irlanda, per scoprire che durante il processo di imbalsamazione gli addetti utilizzavano anche una particolare sostanza grassa, simile (almeno per funzione) all’attuale gel per capelli.

Le stesse mummie sono state analizzate anche da Maurer et al. Nel 2001 ed anche dai loro campioni presi dal torace e dalla cavità cranica è risultato chiaro che differenti sostanze venivano utilizzate per diverse parti del corpo durante la mummificazione e i campioni di capelli dell’oasi di Dakhleh non erano ricoperti di bitume o di resina come il resto del corpo, ma da un altro genere di sostanza a base di grasso: il gel per capelli, appunto. In questo modo gli egizi potevano arrivare nell’aldilà con un’acconciatura perfetta – amavano le pettinature con i riccioli– ed averla così per tutta l’eternità. Che il trattamento fosse dedicato ai capelli è anche risultato evidente perché il gel ultra-hard non è stato rinvenuto nelle mummie senza capelli o con capelli troppo corti: in quel caso non c’era infatti alcuna necessità di trattare la testa con sostanze differenti rispetto a quelle usate per il resto del corpo.

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Sara Stulle
Libera professionista dal 2000, sono scrittrice, copywriter, esperta di scrittura per i social media, content manager e giornalista. Seriamente. Progettista grafica, meno seriamente, e progettista di allestimenti per esposizioni, solo se un po' sopra le righe. Scrivo sempre. Scrivo di tutto. Amo la scrittura di mente aperta. Pratico il refuso come stile di vita (ma solo nel tempo libero). Oggi, insieme a mio marito, gestisco Sblab, il nostro strambo studio di comunicazione, progettazione architettonica e visual design. Vivo felicemente con Beppe, otto gatti, due cani, quattro tartarughe, due conigli e la gallina Moira.