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Palazzo celeste

All systems go for key space launch

FUTURO – Dal centro di lancio satelliti di Jiuquan, nel deserto di Gobi, e dopo un rinvio dovuto all’incidente del 18 agosto scorso a un razzo vettore, l’agenzia spaziale cinese ha lanciato oggi il razzo Lunga Marcia I-F T1 che metterà in orbita il modulo Tiangong 1. Prototipo di un laboratorio spaziale, servirà a collaudare i sistemi di attracco per i laboratori orbitanti Tiangong 2 e 3 da completare entro il 2016, durante la costruzione della stazione spaziale vera e propria, abitabile dal 2020.

Se le manovre riescono, fra alcuni giorni il Tiangong 1 (Palazzo celeste 1) si stabilirà a 343 km di altitudine e verrà raggiunto in novembre dalla “astronave” (1) Shenzhou 8. Al termine della missione, passerà su un’orbita più distante in attesa di altri due appuntamenti una dei quali con un equipaggio di astronauti. Dopo due anni di esercitazioni verrà fatto precipitare e bruciare nell’atmosfera. Se le manovre non riescono, verrà lanciato il “backup” Tiangong 2.

Nella conferenza stampa di ieri, i responsabili del programma spaziale cinese hanno paragonato i propri progetti con quelli più costosi di Russia e USA vent’anni fa. Sullo sfondo, aleggiavano i fallimenti di due lanci consecutivi russi e la messa in discussione, negli Stati Uniti, dei finanziamenti destinati alla stazione internazionale. Sono considerati una spesa non più giustificata da motivi politici –  la collaborazione con la Russia che sanciva la fine della guerra fredda – e scientifici, dati i pochi risultati ottenuti negli esperimenti in assenza di gravità. L’alternativa era di invitare la Cina ad entrare nel consorzio occidentale che gestisce la stazione internazionale, sennonché gli USA, l’India e altri paesi si sono opposti, in parte perché non vogliono condividere tecnologie di punta con la Cina, la quale sta rapidamente modernizzando i propri armamenti e potrebbe farne un uso militare.

Nel frattempo, l’Agenzia spaziale americana ha rimandato a tempi economicamente migliori l’installazione di una base  sulla Luna, prevista da George W. Bush. E’ anche sfumato lo sfruttamento dei depositi di titanio lunare, la cui vendita avrebbe finanziato l’invio di esploratori in carne ed ossa su Marte. In Cina invece, il sogno di conquista spaziale sembra tuttora vivo, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, forse perché si addice a una superpotenza. Per consolare gli occidentali che si sentissero sul viale del tramonto, ricordiamo che dopo sette anni e mezzo la robottina Opportunity – una meravigliosa stacanovista dai pannelli solari instancabili – sta perlustrando un nuovo cratere marziano. Per contratto doveva lavorare tre mesi…

(1) Viene chiamato “spaceship” nei giornali cinesi in lingua inglese, ma è una capsula teleguidata da terra, non una navetta pilotabile manualmente come quella americana.

Immagine: China Daily

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