CRONACA

Neutrinomania, in teoria

CRONACA – Passata la sbornia? A dieci giorni dalla notizia dei neutrini superveloci, in un momento di riflessione scientifica e mediatica, abbiamo deciso di fare un giro negli ipercliccati Archivi, dove dopo solo due giorni dalla pubblicazione dei risultati dell’esperimento OPERA, sono apparsi i primi articoli di natura teorica.
Abbiamo raggiunto in Canada – “very much in demand” dai colleghi del Perimeter Institute – Giovanni Amelino-Camelia, fisico teorico della Sapienza di Roma e autore di uno dei primi articoli esplorativi sulle conseguenze dei dati sulla velocità dei neutrini.

Su quali aspetti si è pronunciata la comunità dei teorici in seguito ai risultati di OPERA?

“In questo stadio con pochi dati e pochi fatti a disposizione è prematuro speculare su teorie grandiose e articolate. Al momento abbiamo bisogno di formalizzazioni matematiche efficienti per descrivere quello che i dati pare che ci stiano dicendo. Nel nostro articolo ci siamo limitati a escludere che si potesse trattare del tachione, l’unico tipo di particella superluminale che è compatibile con le proprietà di simmetria della teoria della relatività speciale”.

I ragionamenti più gettonati vanno nella direzione delle “large extra dimensions”…

“Nell’ambito delle speculazioni su possibili tipi di nuova fisica, non ci si aspettava che un tale fenomeno potesse avvenire a energie così basse. Le dimensioni extra prevedono un parametro libero che può essere adattato per descrivere l’effetto a quella scala energetica, per questo sono tanto gettonate”.

È dunque ancora presto per fare valutazioni sul meccanismo responsabile di queste presunte osservazioni. L’approccio è piuttosto quello dell’esclusione di modelli incompatibili; per esempio se tutti i tipi di neutrini a tutte le energie fossero affetti dall'”effetto OPERA” gli scienziati non avrebbero mai potuto osservare i dati della supernova SN1987a. In questo caso la discordanza tra i due set di dati elimina immediatamente un possibile modello.

“Assunta ovvia la prima ipotesi, ossia quella che i dati siano in realtà affetti da un errore più grande di quanto finora stimato e quindi inconclusivi sulla velocità dei neutrini, a mio avviso i fisici teorici hanno comunque la responsabilità di provare a individuare la seconda ipotesi più probabile: se gli errori non sono stati sottostimati, e quindi davvero c’è questo strano effetto, qual è il meccanismo che lo causa? Identificare dei modelli teorici plausibili consente di cercare verifiche dell’anomalia osservata in altri contesti che non si possono nemmeno immaginare. Prendiamo per esempio la descrizione relativistica einsteninana dei fenomeni gravitazionali: se fosse riuscita a spiegare soltanto le anomalie del perielio di Mercurio sarebbe rimasta in competizione con varie altre spiegazioni, compresa quella che ci fossero degli errori nelle misure sperimentali. Ma quando poi la teoria ha predetto con successo anche altri effetti, come la deflessione della luce da parte di corpi massivi, allora si è affermata pienamente e le perplessità su eventuali errori negli studi sperimentali del perielio di Mercurio sono svanite”.

Il fenomeno che OPERA avrebbe osservato è una velocità significativamente superiore a quella della luce di un fascio di neutrini partito dal CERN e arrivato al Gran Sasso. E basta. Ancora nessuna interpretazione. Piuttosto verifiche accuratissime sulle già molto controllate sistematiche (per le misure metrologiche è stato fermato il traffico di una corsia del tunnel del Gran Sasso per una settimana).
Eppure i fisici teorici non hanno perso un attimo.

Il vostro articolo è uscito con una tempistica lampo e oggi se si scrive “OPERA” nel motore di ricerca degli archivi ne appaiono almeno 50 sull’argomento: una grande velocità per una sana competizione?

“Produrre la prima analisi in assoluto e un’analisi che poi si vede influire tangibilmente sugli studi che seguono è un obiettivo ambito. Avevamo le nostre idee su come andava guardata questa anomalia e per farle avanzare era importante che altri adottassero la stessa prospettiva. Aiuta molto in questi casi fare un lavoro tempestivo e allo stesso tempo accurato”.

Secondo lei la comunità scientifica è pronta a un eventuale cambio di paradigma?

“La diffidenza è altissima perché un dato del genere sembra non tornare con nulla di quello che sappiamo o abbiamo immaginato. Ciò non significa che non dobbiamo essere pronti a un cambio di paradigma, fa parte del mestiere. Ma è giusto che alle nuove ipotesi si opponga una forte resistenza: si crea una sorta di sana selezione naturale delle idee”.

Da quali altri esperimenti vi aspettate risultati preziosi?

“Nella nostra collaborazione di teorici l’idea è che l’input decisivo debba venire dai dati di esperimenti che guardano vicino al contesto di OPERA, simili energie e stesso tipo di neutrini. Intanto, forti dei riscontri positivi che abbiamo avuto, proseguiamo con il nostro piano d’azione: la prossima tappa dovrebbe consentire di escludere in modo del tutto rigoroso non solo il tachione ma anche alcuni tipi di deviazione dalle proprietà di simmetria”.

Condividi su