COSTUME E SOCIETÀ

Riscrivere Darwin? L’uomo venuto dal nulla…

COSTUME E SOCIETÀ – Prima liceo, ore 9, lezione di scienze. Davide Sassi, il prof, sta parlando di evoluzione, mentre Andrea, in fondo alla classe, sbuffa: “Prof, ma queste cose non sono superate? A me risulta che secondo le ultime scoperte sul DNA l’uomo non sia imparentato con alcun ominide preesistente. È scritto nel nostro libro di storia”. Sassi non crede alle sue orecchie, sicuramente Andrea ha capito male. Ci scommette una pizza. Perde.

Già, perché il libro in questione, Atlante di storia. Dalla preistoria alle Idi di marzo, di Paolo Di Sacco (Le Monnier Scuola, 2010), nel capitolo dedicato alla comparsa dell’uomo moderno dice esattamente questo: che “homo sapiens sapiens (sic! Con buona pace del fatto che secondo la nomenclatura binomiale l’iniziale di genere va maiuscola e che la dicitura “sapiens sapiens” non è più usata dagli esperti da tempo) non aveva alcun legame genetico con i precedenti ominidi” e che “non ha punti genetici di contatto neppure con le specie umane meno antiche” .
Sassi è esterrefatto (e noi con lui): “Non si tratta solo di enormi stupidaggini. Sono anche scritte in modo molto sapiente, mischiando informazioni più o meno corrette con affermazioni del tutto errate. Una tecnica del panino che mi fa supporre che ci sia dietro un’intenzione ben precisa, quella di far entrare nella scuola idee di stampo creazionista. Se diciamo che Homo sapiens non è parente di nessuno, allora l’unica conclusione logica che possiamo trarre è che sia stato creato”.

Abbiamo provato a leggere questa pagina insieme a Olga Rickards, ordinaria di antropologia molecolare all’Università di Roma Tor Vergata. Cominciamo:

“Secondo la teoria evoluzionistica tradizionale, l’homo erectus si sarebbe gradualmente evoluto verso la forma successiva di homo sapiens; di qui si sarebbe giunti allo stadio finale dell’homo sapiens sapiens. Gli studi recenti sul DNA, resi possibili dallo sviluppo della genetica e cominciati verso il 1995, hanno in buona parte riscritto la teoria di Darwin. Questi studi, tuttora in corso, ci dicono che l’homo sapiens sapiens nacque circa 130.000 anni fa e che non aveva alcun legame genetico con i precedenti ominidi, cioè non derivava né dall’homo abilis (in realtà sarebbe habilis, NdR), né dall’homo erectus e neppure dall’uomo di Neanderthal. Ciò significa che l’homo sapiens sapiens fu una specie completamente nuova”

Alcune affermazioni sono effettivamente corrette. Altre sono imprecise: per esempio, l’origine di Homo sapiens è oggi fissata a 200.000, non a 130.000 anni fa. E non ha molto senso fissare una data d’inizio, il 1995, agli studi sul DNA. Altre ancora sono proprio sbagliate. “È giusto dire che Homo sapiens non derivi da H. habilis, H. erectus o H. neandertalensis, ma questo non significa che non abbia legami di parentela, e dunque genetici con loro”, afferma Rickards. Il punto è che negando ogni parentela, nego anche la possibilità che abbiano un progenitore comune, cioè nego un percorso evolutivo. E rimango con la patata bollente in mano: da dove è saltato fuori Homo sapiens? E ancora:

“In parte gli studi in corso sul DNA confermano la teoria di Darwin: ci dicono infatti che l’umanità è passata attraverso un’evoluzione culturale, o umanizzazione. L’uso del fuoco, il vivere in comune, l’abitudine di seppellire i morti: quanto cioè distingueva i primi uomini dalle scimmie, a cui peraltro erano fisicamente simili, si realizzò solo nel corso del tempo”

C’è di che rimanere piuttosto perplessi: che cosa c’entrano gli studi sul DNA con il concetto di evoluzione culturale? Non ha senso affermare che studi genetici confermino l’evoluzione culturale, perché in realtà riguardano proprio tutt’altro tipo di evoluzione. Proseguiamo:

“Tuttavia gli studi sul DNA ci dicono che ben difficilmente la specie umana si è «evoluta» in sequenza dai primi ominidi fino ad assumere l’aspetto attuale. Infatti, il DNA di quegli ominidi è molto, troppo diverso da quello dell’homo sapiens sapiens. Inoltre oggi sappiamo anche che l’uomo moderno non ha punti genetici di contatto neppure con le specie umane meno antiche. Non è dunque parente né dell’homo erectus né degli uomini di Neanderhal”

Ma di quali “primi ominidi” si sta parlando? E di quali confronti di DNA? Non è dato sapere. E comunque, non vi fanno un po’ pena questi Homo sapiens, sbucati a un certo punto dal nulla, senza mamma e papà, senza un nonno, un fratello, neppure un lontano cugino? A me rincuora sapere che per la scienza le cose non sono andate proprio così. Sentiamo Rickards:

“Le conoscenze accumulate nel tempo, e sostenute dai dati più recenti in ambito genetico e paleoantropologico, raccontano una storia cominciata circa due milioni di anni fa con la comparsa in Africa di Homo ergaster. Una specie ma, ovviamente, tante popolazioni che a un certo punto hanno preso strade differenti. Alcune si sono spostate in Asia, dove hanno dato origine a Homo erectus; altre in Europa, dove hanno dato origine all’uomo di Neanderthal. Altre ancora sono rimaste in Africa: in una di queste, rimasta isolata per qualche motivo, hanno cominciato ad accumularsi cambiamenti genetici che, nel tempo, hanno portato alla nascita di una nuova specie: noi, Homo sapiens.
Per un po’ siamo rimasti in Africa poi, tra 80 e 60.000 anni fa, abbiamo cominciato a muoverci (Out of Africa) e a occupare prima il vecchio mondo (Europa e Asia) e poi le Americhe, fino a spingerci alle aree più remote del Pacifico”.

E non è finita, perché c’è un’altra bella sorpresa di cui rendere conto, alla faccia della mancanza di “punti genetici di contatto con le specie umane meno antiche”. È infatti scoperta recentissima (in effetti forse troppo recente perché potesse essere recepita in un libro di testo del 2010) che appena uscito dall’Africa e giunto in Medio Oriente, Homo sapiens si sia incrociato con l’uomo di Neanderthal: un incrocio di cui rimane traccia tuttora in una piccola percentuale di DNA neandertaliano presente nel genoma di popolazioni asiatiche o europee attuali.

Conclusione: siamo una specie nuova, certo. Ma è altrettanto certo che ci siamo evoluti da specie preesistenti (anche se non conosciamo di preciso tutti i passaggi e forse non li conosceremo mai, visto che non si è trattato – come abbiamo detto altre volte – di una sequenza lineare di eventi). E che continuamo a evolvere. Dire il contrario, dirlo a dei ragazzini e dirlo in un libro di testo (strumento in cui loro hanno piena e totale fiducia: quello che dice è il libro è verità assoluta) è soltanto una svista banale, un errore che può capitare?

Condividi su
Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance