AMBIENTE

Il carbone di Facebook

AMBIENTE – Ci sono voluti venti mesi di mobilitazioni e negoziati, ma alla fine Greenpeace ha convinto il gigante dei social network: Facebook diventerà “verde”. Sì, perché anche se il social network appare come qualcosa di intangibile (come il web in genere, del resto), il fabbisogno energetico che necessitano le macchine per farlo funzionare è estremamente concreto.

Come per qualsiasi altra produzione d’energia, si possono scegliere diversi gradi di inquinamento ambientale; Facebook all’inizio del 2010 aveva deciso di costruire un nuovo mega data-centre utilizzando nientemeno che centrali a carbone. La cosa non è sfuggita a Greenpeace, che lo scorso febbraio ha lanciato una massiccia campagna per spingere la creatura di Zuckerberg a cambiare idea.

Oltre settecentomila persone da tutto il mondo hanno aderito alla mobilitazione, firmando petizioni, creando video virali ed eventi musicali pubblici. Ovviamente è stato utilizzato lo stesso Facebook, con un tam-tam che ha prodotto addirittura un record iscritto nel Guinnes dei Primati: il maggior numero di commenti in ventiquattro ore.

Il tutto ha portato a una dichiarazione formale dell’azienda californiana, che si impegna ad adottare energia pulita e rinnovabile per le esigenze dei propri server e macchinari. Non solo, perché è stato firmato anche un accordo tra Facebook e Greenpeace per collaborare assieme nella promozione dell’utilizzo delle energie rinnovabili.

In questi casi è difficile stabilire quanto faccia parte di un’evanescente campagna marketing (da parte di entrambi) e quanto a concrete azioni: bisogna precisare, infatti, che l’approvvigionamento energetico derivante dal carbone non è ancora stato eliminato da Facebook, ma la società si impegna formalmente ad abbandonarla progressivamente.

La vicenda tuttavia ha portato a conoscenza in modo massiccio la persistenza del legame tra le nuove tecnologie e vecchie logiche inquinanti. Il potenziale di un social network come Facebook unito alla macchina mediatica di Greenpeace non è inoltre da sottovalutare. Anche come monito.

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