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L’Odissea del culbianco

RICERCA – Le incredibili vicende che il prode Ulisse dovette affrontare nei 10 anni del suo ritorno a Itaca non sono nulla in confronto alle peripezie che, due volte all’anno, è costretto a fronteggiare il culbianco, un piccolo passeriforme migratore.

Questo uccellino si riproduce a latitudini boreali in tutti i continenti dell’emisfero nord e, come tutti i migratori a lungo raggio, compie lunghi viaggi verso i quartieri di svernamento, situati a ridosso dell’equatore. Ma in che continente? Un gruppo di ricercatori internazionali (trovate la ricerca su Biology Letters) ha tracciato le rotte migratorie di 46 individui, grazie all’utilizzo di geolocator, dispositivi che rilevano con precisione la posizione giornaliera dei singoli individui.

Al loro ritorno è stato possibile ricavare i dati solo da 4 di loro, ma le sorprese non mancano: non solo le popolazioni europee svernano in Africa sub-sahariana, ma anche quelle nordamericane, sia canadesi che dell’Alaska. Entrambe compiono un’incredibile migrazione trans-continentale: la prima dopo aver attraversato l’Oceano Atlantico, passando per la Gran Bretagna, con un percorso di circa 3.500 km. La seconda, inaspettatamente, dopo aver superato lo stretto di Bering, attraversa le fredde steppe siberiane, le catene montuose asiatiche e il deserto arabico, fino a giungere nel corno d’Africa. In totale, la bellezza di 14.500 km separano i loro areali riproduttivi da quelli di svernamento.

Le migrazioni autunnali e primaverili delle due popolazioni seguono le medesime rotte, ma a velocità di crociera molto diverse e, singolarmente, opposte: per le popolazioni canadesi la velocità media si aggira intorno ai 290 km al giorno in autunno (con picchi di 850 km durante l’attraversamento dell’Oceano Atlantico) e “solo” 130 in primavera, mentre quelle dell’Alaska compiono circa 160 km al giorno in autunno e ben 250 in primavera.

I ricercatori sostengono che quest’incredibile, mai documentato, comportamento migratorio potrebbe essere la conseguenza dell’espansione pleistocenica dell’areale riproduttivo e, dato che i culbianchi non utilizzano il Sudamerica per lo svernamento, indica che la selezione naturale sembra non aver agito per sfavorire un “programma migratorio innato”, geneticamente ben determinato.

Crediti immagine: Craig Nash

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Andrea Romano
Biologo e giornalista scientifico, lavora come ecologo all'Università degli Studi di Milano, dove studia il comportamento animale. Scrive di animali, natura ed evoluzione anche su Le Scienze e Focus D&R. Dal 2008, è caporedattore di Pikaia - portale dell'evoluzione