CULTURA

Il modello Sabeti

CULTURA – La Commissione Europea ha ritirato lo spot della campagna “Science: it’s a girl thing!” lanciata giovedì scorso, dopo lo scandalo suscitato dalle immagini di ragazzine dall’aspetto frivolo e spensierato, e dalla frase sul sito web ” la scienza… sta alla base di cosmetici, moda, musica e molto altro”.

Il video e la frase (ora cambiata), dicono le critiche, rafforza gli stereotipi invece di ribaltarli. Né l’uno né l’altra soffrono di un eccesso di creatività, sembrano un’ aggiunta un po’ kitsch a una campagna che per il resto segue le “buone pratiche” consolidate.

Le tre Barbie del video saranno politicamente scorrette, ma che cosa rafforzano di preciso? Nei media come nella società in generale, lo stereotipo prevalente è tuttora uno scienziato, meglio se anziano. Modello Albert Einstein e Umberto Veronesi. Se viene rappresentato uno scienziato di sesso femminile in età lavorativa, protuberanze toraciche e altre differenze vengono celate sotto camice, occhiali, cuffie. Le parti del volto che si riescono a distinguere sono prive di trucco, l’espressione è ispirata, quasi sofferente. Modello Santa Teresa d’Avila e Marie Curie.

Nella realtà, i modelli sono altri: Ilaria Capua e Pardis Sabeti, per esempio.

Ilaria è nota. Pardis del Sabeti Lab è la matematica-genetista, ex-campionessa universitaria di tennis del MIT, ex allenatrice della squadra calcio femminile a Oxford, terza donna nella storia di Harvard ad aver ottenuto un dottorato summa cum laude dalla Scuola di medicina, a 28 anni Principal Investigator di HAPMAP, cantautrice e leader del gruppo Thousand Days. Scollata, brillante, modesta – si definisce “jack of all trades, master of none” – e con un’onestà e un rigore a prova di bomba. O l’astrofisica Carolyn Porco, prima direttrice scientifica della grandiosa missione Cassini, che dopo dieci minuti tremendi senza l’ombra di un segnale, quando la sonda Huygens si è posata su Titano è corsa a piangere nere lacrime di rimmel e a riderne nel bagno per signore dell’ESA, a Darmstadt.

Alle ragazze che vorrebbero diventare ricercatrici, le critiche scandalizzate ricordano parecchie cose. Per esempio che nei mestieri in cui la mente conta più del fisico essere belle è un handicap. Che comportarsi come la maggior parte delle adolescenti europee  giovando con gli stereotipi da svampite è incompatibile con la speranza di cambiare il mondo.

Alla Commissione Europea ricordano che nei suoi spot le donne devono indossare il burka.

Crediti immagine: x-ray delta one (Flickr.com)

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