CRONACA

Vedono rosso

Greenland Ice Sheet (splash)

CRONACA –  Capita che a uno strumento montato un satellite  vengano le traveggole, ma è  difficile che capiti nello stesso momento a un radar, a uno spettro-radiometro e a un rilevatore di microonde montati su satelliti diversi.

Se l’immagine non è abbastanza parlante, ecco la didascalia:

Estensione della calotta groenlandese sciolta in superficie tra l’8 e il 12 luglio. Le misure prese da 3 satelliti  mostrano che l’8 luglio il 40% circa della calotta glaciale s’era fusa in superficie o in prossimità. In pochi giorni la fusione si era vistosamente accelerata arrivando al 97% circa.

In trent’anni di osservazioni spaziali, un fenomeno così non si era mai visto. A Son Nghiem del Jet Propulsion Lab (NASA) che analizzava i dati radar del satellite indiano Oceanstat-2 è venuto il sospetto che ci fosse un errore. Ha sentito una collega del Goddard Space Flight Center (NASA) che analizza quelle trasmesse da MODIS, lo spettroradiometro dei satelliti Terra e Aqua. Anche MODIS vedeva rosso.  E anche il sensore a microonde su un satellite meteo dell’Aeronautica militare statunitense,  hanno confermato  altri due colleghi delle Università della Georgia e  di New York.

Don’t panic

La cupola di caldo  che stazionava sull’isola ha cominciato a diradarsi il 16 luglio, tra poco sulla mappa dovrebbero comparire macchie bianche. Alle latitudini elevate dell’emisfero nord però, il cambiamento climatico si sente di più.

Il Baltico si è scaldato più velocemente degli altri mari: di + 6,2-7,8° C negli ultimi cento anni.  Ormai ci prospera il Vibrio vulnificus, un parente del vibrione del colera che oltre al mal di pancia se ingerito, causa setticemie se entra in una ferita. Dal 1994 fa vittime a ogni nuova ondata di caldo, scrivono Craig Baker-Austin et al. su Nature Climate Change, un po’ preoccupati dall’accelerazione della tendenza. L’aumento medio  della temperatura ora è  sui 1,35° C al decennio e  le infezioni da vibrione sono  raddoppiate in meno di vent’anni.

L’altro guaio del Baltico sono le fioriture d’alghe. Il mese scorso si leggeva su Nature che

negli ultimi 50 anni, sono state riversate in mare circa 20 milioni di tonnellate di azoto e 2 milioni di tonnellate di fosforo.

La produzione agricola è aumentata di pari passo, ma ne risulta una “zona morta” (i cianobatteri si biodegradano sequestrando l’ossigeno e così asfissiano altri organismi) di 60 mila km2. Nelle acque profonde, più calde anche di 8° C, la poltiglia sedimentata rilascia ammonio il quale  stimola altre fioriture. Un esperimento svedese di geo-ingegneria  è in corso per vedere se è possibile interrompere il circolo vizioso. Consiste nell’aggiungere policloruro di alluminio, un processo usato normalmente per depurare le acque dolci.

A piccola scala e a breve termine funziona:  l’alluminio si lega al fosforo anche alla salinità attuale del Baltico, che lo scioglimento della calotta glaciale groenlandese abbasserà ulteriormente.  Sulla scala della “zona morta”, si sa già che costa troppo per essere realizzabile. E versare inquinanti in mare è vietato dalla convenzione di Londra.

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