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Processo L’Aquila: ecco la sentenza di primo grado

Sono sei anni per tutti indiscriminatamente, più milioni di risarcimenti, interdizione perpetua dai pubblici uffici e stato di interidizione legale durante l’esecuzione della pena per tutti gli imputati.

Di più di quello che aveva chiesto il pubblico ministero Fabio Picuti. Probabilmente una decisione presa per soddisfare quella “fame di giustizia di questa città” — secondo le parole dello stesso Picuti — e che il giudice Marco Billi ha deciso di placare. La sentenza infatti è stata accolta da un lungo applauso dalle persone riunite in piazza del Duomo del per potestare contro l’intenzione da parte del governo, di richiedere indietro i contributi INPS e INAIL.

Certo le vittime del terremoto del 6 aprile 2009 sono il primo pensiero di tutti, a loro e ai loro famigliari non si può non pensare con compassione. Sappiamo però che nessuna sentenza, anche più dura di questa, potrebbe mai restituire le persone che in quel tragico evento hanno perso la vita. E questo processo avrebbe potuto essere un momento di civiltà, un momento in cui riconoscere gli errori e produrre un esempio che avrebbe permesso in futuro di evitare che superficialità, negligenze o interessi meno leciti potessero causare altre morti.

Una brutta sentenza perché va a punire chi in questo paese sta facendo il suo mestiere con professionalità e trasparenza. Gli scienziati che oltre a produrre un continuo aumento della conoscenza a beneficio di tutti sono anche chiamati, oggi più che mai, a partecipare al dialogo pubblico con i cittadini mettendo a disposizione i risultati delle loro ricerche. A questo punto quanti saranno ancora disponibili a questo confronto? Quanti, per timore di una condanna penale, preferiranno ritirarsi in uno sterile isolamento?

Mai nessuno scienziato in occasione della famigerata riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009 aveva fatto anche solo lontanamente balenare l’idea che una sequenza sismica potesse essere in qualche modo rassicurante. Tutt’altro. I sismologi sanno che in un paese sismico come l’Italia non si può mai stare tranquilli… che l’unico modo per proteggersi dai terremoti è una continua e attenta opera di prevenzione ed educazione, in cui istituzioni scientifiche, Protezione Civile e amministrazioni locali devono svolgere un ruolo coordinato, con la partecipazione attiva e consapevole dei cittadini in prima persona. Ma in Italia questo non si fa. Meglio lasciare persone e cose in balia delle forze della natura, e poi intervenire con punizioni fuori luogo e senza una giustificazione basata sui fatti.

Le ripercussioni di questa sentenza sono gravissime per tutti noi. Non solo per il mondo scientifico internazionale, che vede minato uno dei cardini della ricerca scientifica:la libertà di indagine e la condivisione dei risultati in modo aperto e trasparente. Ma per la società, per tutti i cittadini. Ora saremo più facile preda di indovini, ciarlatani e quant’altri millantino la capacità di prevedere terremoti.

È una perdita enorme per tutta la collettività.

Per approfondire tutta la storia su OggiScienza:

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