CRONACA

Cover boy

CRONACA – Sta diventando un’abitudine? Jacopo Bertolotti dell’Università di Firenze e di Twente, già finito sulla copertina di Nature per il volo di Lévy, ci ritorna con una spettacolare ricerca di fotonica.

Per spiegarla ai non addetti, scrive

Moltissimi materiali, come la carta, la pelle o il vetro smerigliato, appaiono opachi perché diffondono la luce. In questi materiali la luce non può muoversi in linea retta, ma solo seguendo un cammino irregolare e casuale (in gergo tecnico: un cammino aleatorio). Di conseguenza risulta impossibile ottenere un’immagine chiara di un oggetto nascosto dietro un materiale del genere. Nel corso degli anni sono stati sviluppati diversi metodi per ricostruire un’immagine nitida attraverso materiali semi-trasparenti. Ma con questi sistemi non è mai possibile vedere attraverso un materiale completamente opaco.

Insieme a ricercatori del MESA+ Institute di Twente (Olanda), ha puntato un fascio laser su uno schermo di vetro opacizzato per illuminare un oggetto nascosto dietro a 6 millimetri di distanza e grande 50 micrometri, la dimensione media di una cellula.  Risultato: luce diffusa in un alone nebuloso. Il solito pasticcio, sennonché  l’intensità della fluorescenza dell’alone cambia a seconda dell’angolo di incidenza del fascio laser e si può misurare.

Resta da ricostruire la forma dell’oggetto a partire dalle misure (le strisce sbavate della figura c.).

Jacopo Bertolotti  e il suo amico E.G. van Putten – ex cuoco e giovane anche lui – ci sono riusciti con un un algoritmo iterativo “che cerca di indovinare le informazioni mancanti e poi, progressivamente, raffina e verifica l’ipotesi iniziale,” dice il prof. Mosk, il coordinatore del gruppo olandese (Bertolotti essendo il gruppo italiano).

I due gruppi hanno inventato così una microscopia che “vede” oltre l’ostacolo invece di abbatterlo ed è meno invasiva dei sistemi attuali. Si prevedono applicazioni nel settore delle nanotecnologie e, con qualche miglioramento, in medicina. Potrebbe servire, per esempio, a identificare una nano-capsula sottocutanea come quelle che liberano un farmaco solo dov’è necessario, e accertare che sta al posto giusto.

Grazie a Jacopo Bertolotti per l’immagine (e complimenti!)

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