CRONACA

Ecco cos’ha trovato Curiosity

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Marte ha un suolo eterogeneo, sia strutturalmente che chimicamente. Se riscaldato sprigiona molto vapor d’acqua, e si tratta di un’acqua un po’ diversa da quella terrestre poiché contiene più deuterio (un isotopo dell’idrogeno). Ci sono tracce di composti organici contenenti cloro, ma non è ancora possibile stabilire se si tratti di una contaminazione o se si tratti di composti genuinamente marziani. Questo alla fine quello che si celava dopo la montagna di speculazioni degli scorsi giorni.

SAM (Sample Analysis at Mars), l’apparato di strumenti per l’analisi dei campioni è il vero protagonista della conferenza stampa di oggi e tutti gli scienziati intervenuti oggi al Meeting della American Geophysical Union, in particolare il leader del team John Grotzinger hanno cercato di rendere la platea partecipe del loro entusiasmo: c’è un “laboratorio CSI su ruote” su un altro pianeta e i dati che ci arrivano sono i primi del loro genere, perché non è mai esistito prima un laboratorio più raffinato.

Ma po’ di delusione rimane, perché quando uno scienziato, John Grotzinger appunto, della NASA parla in radio di una scoperta storica sul Pianeta Rosso da parte del più avanzato rover mai costruito, si pensa inevitabilmente a una sola cosa: vita. Poco importa ricordarsi che la missione di Curiosity non è mai stata quella di cercare gli extraterrestri, ma (tra le altre cose) di determinare con precisione quanto il pianeta si presti al suo sostentamento, che è una cosa ben diversa.

Una volta accettato però che non poteva trattarsi di vita, è stata subito sollevata l’ipotesi più probabile: molecole organiche. Anche se Curiosity, come ricordato dal direttore stesso del JPL mentre si trovava a Roma per una conferenza, non è comunque in grado di distinguere tra composti organici di origine biologica o meno, rimaneva comunque una bella scoperta che avrebbe forse riaperto un vecchio dibattito sulla presenza di aminoacidi in alcuni meteoriti di provenienza marziana.

Ma un comunicato della NASA, non esattamente tempestivo, ha smentito anche questa ipotesi.

Grotzinger, quasi tentando di giustificarsi per le aspettative deluse (bruciano ancora esperienze come qeulla della vita all’arsenico) ha cercato di far capire che con questa missione ogni giorno è una scoperta, tanto è nuovo quello che ora possiamo vedere.

Quello che ho imparato da questo è che bisogna essere molto attenti a quello che si dice, e ancor più attenti a come lo si dice

Not exactly rocket science, la comunicazione.

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac