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Roba da presidenti: la scienza nelle elezioni Usa

ImageJEKYLL – Anche i sassi lo sanno: il 6 novembre 2012 Barack Obama è stato confermato presidente degli Stati Uniti per il secondo mandato consecutivo. La campagna elettorale è stata più equilibrata della precedente: i repubblicani hanno puntato molto sui social network, così come i democratici, che nel 2008 ottennero da questo mezzo un forte contributo alla vittoria finale. Com’è ovvio, tv, radio, blog e giornali di tutto il mondo hanno dato massima copertura all’evento, svelando retroscena e curiosità di ogni genere. Fin dall’inizio è stata evidente la strategia dello sfidante, Mitt Romney, che ha attaccato il presidente Obama sui temi del lavoro, dell’economia e della politica estera.

Un ruolo decisamente inferiore è stato ricoperto dalle questioni scientifiche, che sono rimaste  in secondo piano fino agli sciagurati giorni in cui l’uragano Sandy ha flagellato la costa orientale della nazione. Per questo, anche tra i fedelissimi dei due candidati è dilagato un certo malumore, che si è acuito al termine dei quattro confronti televisivi in cui Romney, Obama e i vice Ryan e Biden hanno cercato di convincere gli elettori indecisi. In nessun faccia a faccia, infatti, si è accennato alle politiche della ricerca, ai cambiamenti climatici, alle sperimentazioni sulle cellule staminali o a qualunque altro tema di punta della scienza contemporanea. Ciò nonostante, il dibattito su queste tematiche non è mancato del tutto: migliaia di scienziati e comunicatori hanno continuato ad alimentarlo su un apposito sito internet, Science Debate 2012.

Il portale, nato nel 2007, in occasione della sfida tra Obama e McCain, è stato concepito per chiarire le posizioni dei candidati nel campo della scienza e della tecnologia. Investimenti, sviluppo di programmi mirati, sostegno alla ricerca sui vari fronti: a partire da una serie di domande giunte via web, i promotori del progetto hanno messo in luce le opinioni del futuro capo di stato e degli altri politici in lizza per un seggio al Congresso. Sono state inoltre raccolte le dichiarazioni rilasciate dai numerosi contendenti durante i loro incontri con gli elettori. La finalità è molto chiara ed è stata espressa apertamente su una pagina del sito: dare rilievo a una serie di argomenti cardine, intorno ai quali la politica della prima economia del mondo deve necessariamente ruotare.

«Viviamo in un’epoca in cui la scienza occupa tutti gli aspetti della vita – spiega Shawn Lawrence Otto, cofondatore e amministratore delegato del progetto – per cui abbiamo bisogno di politici che capiscano cos’è, come funziona e quali sono le priorità della scienza».

Dietro al motto “Call for Presidential and Congressional Debates on Science & Technology“, un vero e proprio invito ai candidati in lista a partecipare al dibattito, si sono radunati liberi cittadini, gruppi editoriali e associazioni di vario genere. I principali sono stati l’American Association for the Advancement of Science (AAAS, storica associazione che raggruppa oltre duecentosessanta società impegnate nel settore scientifico e pubblica la prestigiosa rivista scientifica Science), il Council on Competitiveness, la National Academy of Sciences, la National Academy of Engineering e altre centocinquanta università e associazioni americane di spicco. A queste va aggiunta, come media partner dell’iniziativa, Scientific American, una delle più importanti riviste di divulgazione scientifica del mondo, pubblicata dal gruppo editoriale che fa capo a Nature (NPG, Nature Publishing Group).

Nonostante il peso degli attori coinvolti, però, inserirsi sul palcoscenico nazionale non è stato semplice. In occasione delle presidenziali 2008, in un primo tempo Obama e McCain si rifiutarono di rispondere alle domande poste dal portale. Cambiarono idea solo quando un sondaggio di Research!America mostrò che l’85% degli americani considerava prioritari questi temi. Dati analoghi sono stati raccolti nel 2012: anche in una società polarizzata come quella americana, la maggioranza degli intervistati si è detta interessata a conoscere la posizione di Obama e Romney sulle tematiche scientifiche. Per questo, fin dall’inizio dell’ultima campagna elettorale i due contendenti hanno dato la loro massima disponibilità a rispondere alle domande.

Difficile dire quale sia stato l’impatto del progetto sui cittadini: non esistono infatti rilevazioni che attestino quanti voti abbiano spostato le risposte dell’uno e dell’altro candidato alle quattordici domande che erano state loro rivolte.

Un impatto, dovuto anche alla partecipazione di Otto all’ESOF di Torino nel 2010, l’hanno avuto senza dubbio sull’Italia. Qualcosa di analogo è stato portato avanti in occasione delle primarie del centrosinistra da un gruppo Facebook, composto da comunicatori e ricercatori, chiamato appunto “Dibattito Scienza”. I promotori di Science Debate hanno apprezzato il gesto e inserito la notizia nelle news del proprio portale.

«Sono molto felice perché queste attività fanno bene alla scienza e alla politica – conclude Otto – Da parte nostra il lavoro dovrà ora proseguire perché vogliamo contribuire a modificare il modo in cui la società pensa e vive la scienza».

Per un approfondimento su quanto succede in Italia e nel resto d’Europa, leggi anche: Parlare di scienza in politica: si può fare

Crediti immagine: www.sciencedebate.org

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claudio dutto
Redattore di libri scolastici, appassionato di saggi scientifici e autore di podcast per diletto. Su twitter sono @claudio_dutto