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Neanderthal? Peccato, sarà per un’altra volta

crediti immagine: Mara ~earth light~ free potentialCRONACA – Impossibile: questo è termine che ho sentito ripetere allo sfinimento quando ho cominciato a chiedere a vari esperti un’opinione sulla clonazione del Neanderthal. La notizia di ieri era più o meno questa: secondo George Church, della Harvard Medical School i tempi sono maturi per clonare a breve termine un individuo dell’antica specie: “serve solo una donna avventurosa che presti il suo utero” ha concluso lo scienziato.

L’affermazione ha scatenato il finimondo. La discussione si è naturalmente concentrata sugli aspetti etici, sui quali al momento non mi avventuro, ma naturalmente ci si è anche chiesti se questa clonazione sia davvero possibile. “È impossibile!” afferma con sicurezza David Caramelli, esperto di DNA antico che lavora all’unità di antropologia molecolare dell’Università di Firenze. “Già la povera Dolly, clonata da DNA integro e perfettamente conservato, aveva i suoi problemi, per esempio non ha vissuto molto perché pur essendo appena nata la sua età biologica era quella del DNA da cui era stata clonata. Figuriamoci se parliamo di DNA antico.”

Il DNA antico ha dei problemi già ad essere recuperato, ma anche riuscendo a farlo, gli errori sono tanti, perché può essere letto male. “È vero che con l’avanzare delle conoscenze e della tecnologia questi errori stanno via via diminuendo, ma anche pochissimi, anche una sola mutazione puntiforme, nell’organismo vivente può portare a gravi problemi di salute, per cui il nostro Neanderthal non se  a passerebbe bene” precisa Caramelli. “A oggi comunque un genoma completo di Neanderthal non esiste. Abbiamo poco meno di 5 miliardi di paia di basi, ne manca dunque ancora un miliardo per avere un genoma completo”

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Supponiamo che però con le nuove tecnologie riuscissimo ad avere quel che manca, senza errori… “il genoma parziale che abbiamo ora proviene da 4 / 5 individui, non da uno solo. Cosa vogliamo clonare? Un mix?” continua Caramelli.

Dobbiamo supporre che Church non sappia quello che dice? Per fare un’affermazione del genere dovrebbe esserne ben sicuro. “Da quel che so Church non mi pare abbia lavorato su DNA antico per cui penso non conosca bene le criticità di questa disciplina.” conclude Caramelli. Anche Cesare Galli, superstar della clonazione targata Italia (ha clonato il primo toro e il primo cavallo al mondo) e professore al dipartimento di Veterinaria dell’Università di Bologna, rincara la dose: “mi sembra una bella idea per fare un film e basta.”

“Da un punto di vista teorico di fatto la cosa è al momento impossibile,” spiega lo scienziato. ” Non riusciamo a clonare  grossi animali con le cellule che sono state semplicemente congelate senza i dovuti crioprotettori, figuriamoci con il DNA di un fossile. Il DNA di un fossile è molto danneggiato e non è in grado di funzionare.”
Un’alternativa ci sarebbe secondo Galli, ma difficilmente praticabile: “si dovrebbe sintetizzare un nuovo genoma di Neanderthal, ma per il momento Craig Venter (quello del genoma umano) è riuscito solo a sintetizzare in vitro il genoma di un batterio. Di strada ce ne è da fare. Forse fra qualche centinaio di anni ci si riuscirà”.
Come se non bastasse vanno aggiunte le difficoltà di reperire gli ovociti  e gli uteri in affitto. “Forse il professor Church dovrebbe farsi un’esperienza a clonare maiali o cavalli prima di fare queste affermazioni” è il commento ironico di Galli.
Ma allora Church, perché ha detto quello che ha detto?
“Sarebbe bello clonare una specie estinta,” ci scrive Claudio Tuniz, esperto di analisi d’avanguardia negli studi sull’evoluzione umana, attualmente all’Università di Wollongong in Australia. “Qui in Australia è da anni che si vuole clonare l’estinta tigre della Tasmania. Mi pare però che Church abbia sottolineato che è stato frainteso. A quanto pare vuole solo aprire una discussione sulla fattibilità teorica della clonazione di Neanderthal con le tecnologie a disposizione. Penso che sia un argomento interessante anche se non è necessariamente una grande idea clonare esseri estinti del passato, dopo l’ottimo lavoro fatto dalla selezione naturale darwiniana. Ma anche affermazioni di questo tipo escono dalla biologia per entrare in un nuovo settore molto fiorente, quello della filosofia della biologia”. Di recente Tuniz insieme a Caramenlli e a Giorgio Manzi ha pubblicato il libro: “La scienza delle nostre origini”.
PS: Una precisazione. Dopo aver letto l’articolo online, il professor Galli mi ha fatto notare che quanto detto sulla pecora Dolly da Caramelli non è corretto: “Dolly non è nata vecchia, ha partorito tre volte ed è morta per una infezione virale che causa un tumore polmonare come tutte le sue compagne di gregge, più normale di così!” Galli di Dolly è un vero esperto, avendo collaborato con Ian Wilmut, il “papà” della pecora. A Caramelli perdoniamo l’imprecisione, in quanto esperto di DNA antico (in particolare di Neanderthal) ma non ti tecniche di clonazione. 
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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.