JEKYLL

“I giornalisti devono ascoltare la rete”. Intervista a Pierluca Santoro

Intervista di Giulia Annovi ed Eleonora Degano. Testi e montaggio video di Cristina Da Rold ed Elisa Manera

JEKYLL – Pier Luca Santoro ti colpisce per la lucidità e l’ampiezza dello sguardo con cui studia l’evoluzione del mondo dell’informazione e dei media. Non ci sono molti altri esempi, almeno nel nostro paese, di analisti in grado di tenere assieme i punti di vista del giornalista alla ricerca di una nuova identità professionale, delle istituzioni editoriali in crisi di nervi perché non hanno più a disposizione modelli di business rassicuranti, dell’ecosistema della rete, aggressivo, mutevole, sfaccettato. Santoro, autore del blog il Giornalaio, ci riesce. Ce ne ha dato una prova un paio di settimane fa nel corso di una lezione tenuta al Master in Giornalismo Scientifico Digitale della Sissa incentrata sulla stato di salute dell’informazione italiana. Non ci siamo lasciate sfuggire l’occasione di intervistarlo.

Uno degli aspetti più interessanti emersi dalla chiacchierata è che i giornalisti dovranno imparare ad ascoltare, molto di più che in passato se vogliono continuare a fornire un servizio utile alle dinamiche dell’informazione in rete.

Sono tanti però gli spunti di discussione rilevanti offerti da Santoro. A partire dal ruolo della pubblicità. Come è noto, la macchina dell’informazione fino a pochi anni fa si fondava sulla carta stampata, sulla televisione e sulla radio e la loro principale fonte di finanziamento erano gli spot a pagamento. Con l’avvento di internet,  l’equilibrio si è lentamente modificato. In Italia sono poco più di 200 le aziende che investono nella pubblicità, e si tratta quasi sempre di medie imprese. Spostandoci negli Stati Uniti o nel Regno Unito, la maggior parte degli investimenti riguardano invece la pubblicità online.

A fare le spese di questi cambiamenti sono soprattutto i giornali, che registrano forti cali nelle vendite: si destreggiano bene in un ambiente in evoluzione solo le testate altamente specializzate, che creano contenuti di qualità per un pubblico selezionato. Anche i notiziari online risentono dello spostamento degli investimenti, poiché a fronte di un aumento dell’uso di internet come mezzo di informazione, non sono sostenuti da forme di investimento importanti come la pubblicità. Al contempo, non ottengono la stessa attenzione che circonda i social media e forme più partecipative di giornalismo, che permettono alle persone di riportare fatti ed eventi, scattare fotografie, e condividere contenuti in tempo reale.  “Siamo passati dal piedistallo allo sgabello” dice Santoro. “Solo pensando a nuove fonti di ricavo l’industria dell’informazione ritroverà un suo equilibrio”.

Iniziano a fondersi in una sola figura coloro che creano l’informazione e coloro che la ricevono, trovandosi sul campo di persona a fornire i contenuti. Questa evoluzione ricorda in parte il giornalismo degli albori, come testimonia anche il report The information needs of communities di Steven Waldman. Allo stesso tempo, si porta nuova linfa all’ ecosistema dell’informazione, che fidelizza i lettori grazie a punti d’incontro come i blog e le communities. Acquistano valore l’opinione e il contributo del singolo: inizia l’era della condivisione a 360°.

In questo contesto, la figura del giornalista deve trovare la sua giusta collocazione, come ci spiega Pier Luca Santoro nel video in apertura. Centrali sono le modalità con cui avvicinarsi ai social network. E’ importante diventare un nodo della rete, far fluire le informazioni attraverso di sé e arricchirle con il proprio contributo, aumentando i propri strumenti di condivisione. In altre parole, è necessario adottare una dimensione ampia e complessiva di ascolto della rete. Il video si conclude con una riflessione sul ruolo del giornalista nell’era digitale: è una figura ancora importante, e in continua evoluzione.

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.