ricerca

Una tuta da Spiderman grazie alle ragnatele

8129225897_322b54d962FUTURO – Anche se per Carnevale non avevate pensato a un costume da Spiderman, sappiate che in un prossimo futuro potreste davvero riuscire a procurarvene uno. Non proprio fatto di ragnatele, ma quasi. Per la prima volta, infatti, un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford, Stati Uniti, ha misurato le proprietà elastiche di una ragnatela intatta. Dai risultati di questa ricerca, si spera di poter creare dei nuovi biomateriali con caratteristiche sorprendenti. Invece, per saltare da un palazzo all’altro lanciando fili super-resistenti da un polso, dovrete aspettare ancora.

Nel mondo delle fibre, niente è come le ragnatele: che vengano stirate, piegate, bagnate e asciugate, questi oggetti dalla singolare architettura non si rompono. Sono cinque volte più resistenti dell’acciaio e possono espandersi quasi di un terzo della lunghezza originaria, per poi recuperare la misura iniziale. Come se non bastasse, la seta del ragno è anche più resistente del Kevlar, il materiale usato per i giubbotti antiproiettile.

Con questi appetibili presupposti, si potrebbe pensare che si sia già scoperto tutto sulla fisica delle ragnatele, ma non è così. Una ricerca dell’ingegnere dei materiali Kristie Koski, pubblicata su Nature Materials, ha fatto luce su nuovi aspetti delle ragnatele usando una tecnica nota da un secolo, ma che nessuno aveva mai pensato di applicare a studi del genere, e riuscendo così a esaminare, per la prima volta in maniera non distruttiva e non invasiva, le proprietà meccaniche di una ragnatela intatta, appena creata da un ragno.

La risposta elastica completa delle ragnatele è descritta da cinque costanti elastiche, che definiscono come la tela reagisca a ogni possibile combinazione di forze: stiratura, distorsione o deformazioni di taglio in ogni direzione: in passato, si erano misurate al più una o due di queste costanti e, anche in quei casi, soltanto in sezioni isolate di una tela. Volendo fare un paragone, è come si si fossero volute estrapolare conclusioni sulla resistenza di un ponte esaminando le singole sezioni d’acciaio o i cavi del ponte.

“Il mio obiettivo è studiare la nanostruttura della seta per capire non solo come la tela si comporti in un certo modo, ma anche perché, nella speranza di poter creare, un giorno, delle migliori fibre sintetiche”, spiega Koski. Al centro dello studio, la tecnica nota come spettroscopia di Brillouin: si invia una luce laser verso la tela; la luce produce delle onde sonore tra i fili che, a loro volta, riflettono una frazione di luce verso lo spettrometro. “È un po’ come pizzicare le corde di un violino, soltanto che a noi non è necessario toccarle fisicamente per suonarle”, continua la ricercatrice. Ed è proprio il non toccare la tela che ne ha permesso le misurazioni senza alcun deterioramento. Infatti, al contrario delle tecniche usate in precedenza, che consistevano nel fissare uno o più fili tra due morsetti, e tenderle fino alla rottura, in questo caso la tela non viene neppure sfiorata.

Lo spettrometro misura piccole variazioni nella luce dispersa per valutare la tensione della tela. La tecnica di Brillouin permette così di raccogliere dati anche sulle proprietà meccaniche in punti precisi della tela, come nelle intersezioni tra due fili. Il risultato è che Koski e colleghi sono stati i primi a quantificare la risposta elastica lineare completa di una ragnatela, e a mappare la tensione in fibre e giunture per ogni tipo di deformazione possibile. È un quadro notevole di una delle strutture più affascinanti in natura. Il gruppo ha anche scoperto che la rigidità della tela non è uniforme, come si è ritenuto finora, ma varia tra le fibre isolate e i punti d’intersezione: una sorpresa, decisamente.

Dal punto di vista evolutivo, i ricercatori teorizzano che questa variazione dia un vantaggio al ragno, permettendogli di creare tele più rigide in alcuni punti e più elastiche in altri. Questa caratteristica permetterebbe alla tela di sopportare lo stress dovuto a variazioni atmosferiche e assorbire meglio l’energia della preda catturata.

L’uomo cercherà quindi d’ispirarsi alla natura per creare un materiale sintetico. Non è di certo il primo esempio, ma ci pensate a una tutina iperelastica ispirata alle fibre di una ragnatela? Un altro aspetto che non deve passare inosservato è la tecnica usata. Come si diceva, una tecnica esistente da cent’anni ma mai applicata prima a questo tipo di studi: a dimostrazione che anche le vecchie tecnologie possono avere nuove applicazioni e portare a risultati sorprendenti.

Crediti immagine: Dario Perrone, Flickr

Condividi su