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La vendetta del Modello Standard

Crediti immagine:  ArenamontanusFUTURO – È una di quelle notizie che possono elevarti al settimo cielo, o precipitarti nella disperazione più nera… se sei un fisico teorico. O passare inosservata altrimenti. È arrivata la conferma: la particella osservata l’estate scorsa al Large Hadron Collider di Ginevra è proprio il bosone di Higgs. Nella sua varietà più ordinaria, cioè quella predetta oltre mezzo secolo fa da Peter Higgs e che tiene in piedi l’intera architettura del Modello Standard delle particelle elementari.

Nessuna magia esotica, nessuna anomalia nascosta: la conferma arriva dalla conferenza di Moriond, in Svizzera, dove le ultime analisi dei due mega-esperimenti ATLAS e CMS hanno fatto rientrare le piccole anomalie riscontrate nei dati preliminari della scorsa estate. Si tratta proprio della versione del bosone di Higgs più semplice. Un trionfo per quella generazione di fisici teorici che negli anni Sessanta e Settanta costruirono la teoria più accurata e spettacolare mai inventata dal genere umano, confermata ancora una volta in maniera spettacolare. Un monumento alla potenza del metodo scientifico.

Ma… e la supersimmetria? E i buchi neri? E la teoria delle stringhe, il multiverso, la quinta dimensione? Niente. Oltre al Modello Standard non c’è nulla. Anzi, per parafrasare la Storia Infinita, il nostro osannato bosone di Higgs rappresenta per i giovani fisici teorici un’incarnazione del temibile Ngmorg, il Messaggero del Nulla. Che sta spazzando via una dopo l’altra tutte le teorie alternative, create per aggiustare i problemi del Modello Standard, senza lasciare nessun indizio su come procedere. Sbriciolando al suo passaggio meravigliose costruzioni barocche basate su geometrie eleganti e simmetrie rivoluzionarie.

Pochi tra i fisici erano disposti a scommettere su questa eventualità, la cosiddetta “ipotesi del deserto,” cioè che tra le energie esplorate ora a LHC e le scale della Grande Unificazione, o addirittura fino alla scala di Planck, non ci sia nessuna nuova fisica. Tutti tranne un manipolo di coraggiosi, i due cervelli in fuga italiani Giovanni Villadoro (Stanford University) e Leonardo Senatore (MIT), che nel lontano 2008 considerarono proprio questa eventualità e scoprirono… la fine del mondo!

No, non si tratta della Cabala o d’improbabili predizioni Maya, ma di stime sul destino del nostro Universo ottenute combinando il Modello Standard delle particelle, che descrive l’infinitamente piccolo, con il Modello Standard cosmologico, che descrive l’infinitamente grande. Queste due realtà, apparentemente agli antipodi della conoscenza, sono indissolubilmente legate tra loro dal campo di Higgs e, come in un romanzo di Dan Brown, la chiave di volta è il valore preciso della massa del bosone di Higgs, che le ultime analisi danno attorno ai 126 Gigaelettronvolt – tenete a mente questo numero!

Facciamo una breve pausa ora e passiamo in rassegna le due opzioni per il futuro del nostro Universo: espansione infinita o implosione cosmica. Tutti sanno che il nostro Universo è in espansione: la velocità con cui le galassie si stanno allontanano una dall’altra sta addirittura aumentando. In altre parole, se continuiamo di questo passo, fra miliardi e miliardi di anni il telescopio spaziale Hubble, puntato oltre i confini della Via Lattea, fotograferà il buio assoluto: non ci sarà nessun’altra galassia da vedere, saranno tutte sparite dietro l’orizzonte cosmico. Espansione eterna e solitudine. Ma un’alternativa è che delle bolle di vuoto si formino all’interno del nostro Universo visibile, come dei novelli piccoli Big Bang, e piano piano riempiano tutto l’Universo, proprio come le bolle di vapore che si formano nell’acqua un minuto prima che buttiate la paste. Se aspettate abbastanza, tutta l’acqua si trasforma in vapore e non ne rimane più nemmeno una goccia. Allo stesso modo, le bolle di “vuoto” potrebbero riempire tutto l’Universo attuale, invertendone alla fine l’espansione accelerata, per farlo collassare in un enorme “Big Crunch” (il contrario del Big Bang). Questo scenario di formazione è una conseguenza ineluttabile delle leggi della meccanica quantistica.

La vera questione a questo punto è: chi vince? Immaginate una pentola con l’acqua in ebollizione, a cui aggiungete acqua in continuazione. Se l’aggiungete troppo lentamente, presto evaporerà tutta e resterà solo vapore. Se, viceversa, rabboccate di molto, avrete sempre più acqua, in una pentola in eterna espansione. Sarà più veloce la creazione di bolle, che mangeranno tutto lo spazio e infine porteranno a un Big Crunch? Oppure le bolle non riusciranno mai a mangiare tutto lo spazio e l’Universo continuerà ad espandersi per sempre?

Nell’ipotesi che LHC scopra soltanto il bosone di Higgs e nessun’altra particella esotica (ipotesi sempre più probabile), la quantità che deciderà il destino dell’Universo, espansione eterna o Big Crunch, è proprio il valore preciso della massa del nostro eroe. Il campo di Higgs è una specie di melassa onnipresente, che rallenta le traiettorie di tutte le altre particelle elementari (che altrimenti viaggerebbero tutte alla velocità della luce), conferendo loro la massa. La particella che chiamiamo bosone di Higgs non è altro che una piccola increspature nella trama di questo campo, che come un etere riempie tutto l’Universo. Il campo di Higgs è l’entità cruciale che determina le proprietà del vuoto, ovvero la frequenza con cui queste “bolle di vuoto” si formerebbero.

To make a long story short, un bosone di Higgs con massa pari a 126 GeV sarebbe proprio il valore limite grazie al quale il nostro Universo non ha ancora generato questa sinfonia di “bolle di vuoto” nei suoi primi miliardi di anni di esistenza… ma è proprio sul punto di cominciare! Dunque, con qualche miliardo di anni di pazienza, potremmo assistere a un vero e proprio ribollire universale.

Crediti immagine: Arenamontanus, Flickr

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