CRONACAPOLITICA

Più esposizione al rischio sismico dopo la sentenza de L’Aquila?

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CRONACA – Nel quarto anniversario del terremoto a L’Aquila riceviamo questo commento di Giulio Selvaggi, sismologo dell’INGV:

Nel mio primo commento all’uscita delle motivazioni della sentenza al processo Commissione Grandi Rischi, dissi che si gettavano alle ortiche vent’anni di lavoro dei sismologi. Il commento non era una stizzita reazione alla sentenza ma una riflessione sulla amara sconfitta del lavoro fatto per realizzare la Mappa di Pericolosità Sismica Nazionale. Avevo letto poco prima che secondo il Giudice “in tema di valutazione e di mitigazione del rischio sismico, l’affermazione secondo la quale l’unica difesa dai terremoti consiste nel rafforzare le costruzioni e migliorare le loro capacità di resistere al terremoto appare tanto ovvia quanto inutile. Tale affermazione è inutile perché fornisce una indicazione non attuabile in concreto e pressoché impraticabile.”

Una sconfitta, perché pensavamo che con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Mappa di Pericolosità, ogni pubblica autorità dotata del giusto ruolo e della responsabilità assegnata dalla legge potesse affrontare la grande sfida di mettere in sicurezza uno dei paesi più vulnerabili ai terremoti. Il terremoto del Molise del 2002 era stato lo schiaffo più duro che si potesse ricevere per ricordarci quanto tragico e urgente fosse il problema dell’adeguamento edilizio, altro che inutile. L’adeguamento del territorio significava mettere in campo strategie decennali, finanziamenti costanti e non solo a seguito delle catastrofi come purtroppo era sempre avvenuto e continua ad avvenire. Ma i soldi non ci sono mai per queste cose anche se basterebbe meno di un centesimo ricavato dal costo della benzina per risolvere il problema in una trentina di anni. Molti se pensiamo a noi, pochi se pensiamo alle generazioni future.

Non è un problema di soldi ma delle priorità che sceglie un paese.

Eppure nella riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009, e parlo solo di quello che è successo dentro la riunione, l’unico problema delle pubbliche autorità era cosa fare l’indomani mattina. Arriverà o no il terremoto? Possiamo credere a chi va in giro a creare allarmismo? Inutile dire, come inutilmente è stato detto in riunione (“non investire nell’adeguamento degli edifici alla lunga si paga” Barberi, verbale della riunione Grandi Rischi del 31 marzo 2009), che se si vive in un territorio a rischio, i problemi non si risolvono certo all’ultimo e così è stato. Ma noi la sfera di cristallo non l’abbiamo e quella mappa colorata, la Mappa della Pericolosità Sismica, così comprensibile a tutti anche a chi la vede per la prima volta, era rimasta lettera morta.

Si gettano alle ortiche vent’anni di lavoro perché l’esposizione al rischio sismico è aumentata. La stessa identica severa sentenza applicata indistintamente a tutti gli imputati a prescindere dal loro ruolo dimostra che il processo è rimasto cieco al problema multiforme di identificare, comunicare e mitigare il rischio. In futuro i sismologi potrebbero essere meno disponibili a esprimere un’opinione. La conseguenza è che si potrebbe essere portati a dire “prima vedo se quel che dico mi può inguaiare e poi eventualmente parlo” o l’equivalente opposto “massimizzo il rischio perché è meglio una denuncia per procurato allarme che una per omicidio colposo”. L’ingiustificata evacuazione della Garfagnana fu definita dal Capo Dipartimento della Protezione Civile come il frutto avvelenato della sentenza de L’Aquila alla Commissione Grandi Rischi. E io concordo con lui.

Crediti immagine: Lisa Zillio

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