COSTUME E SOCIETÀ

Il senatore e il babbuino

COSTUME E SOCIETÀ – Ignazio MArino - crediti immagine: Niccolò CarantiIeri a Roma un gruppo di animalisti ha messo in atto una colorita e a tratti aggressiva protesta che ha preso di mira, fra gli altri, il senatore Ignazio Marino, “reo” del fatto di aver praticato nel 1992 un trapianto sperimentale, anzi uno xenotrapianto, di fegato di babbuino su pazienti affetti da cirrosi epatica conseguenza di un’epatite B cronica.

Cui prodest (la protesta intendo)? Non sfuggirà ai più che l’onorevole Marino è candidato come sindaco della città di Roma, e infatti il suo contendente, Gianni Alemanno, attuale sindaco dell’urbe, non si è lasciato sfuggire la ghiotta occasione di mostrare il suo amore per gli animali facendosi immortalare con il suo gatto Bizet, “carini e coccolosi, ragazzi”). Tanto più che il fatto che Marino sia un medico di calibro e abbia effettuato questi trapianti all’avanguardia non è mai stato un mistero. Perché solo ora tanta veemenza?

Non c’è nulla di estremo, illegale, torbido, misterioso in quanto fatto da Marino nel 1992: il medico, come più volte lui stesso ha raccontato e come si può evincere dalle sue pubblicazioni,  ha fatto parte del team che ha eseguito, il nel ’92 e nel ’93, gli unici due xenotrapianti di fegato da babbuino a uomo della storia, sotto la guida di Thomas Starzl, il pioniere che nel 1963 aveva realizzato il primo trapianto di fegato nell’uomo. Marino ha collaborato con Starzl per oltre quindici anni.

Sono passati “solo” vent’anni, ma le tecniche e certe conoscenze erano ancora molto rozze. I babbuini furono scelti come donatori perché, nonostante le differenti dimensioni, condividono molte caratteristiche fisiologiche e genetiche con gli esseri umani, ed essendo resistenti all’epatite cronica B sembravano ideali. I pazienti sopravvissero alcuni giorni (70 e 26) ma poi morirono. Erano ovviamente pazienti in condizioni terminali (il termine “cure compassionevoli” vi ricorda qualcosa?). E sì, furono sacrificati dei babbuini, triste ma vero. Da quegli esperimenti si imparò molto sui trapianti in genere e sugli xenotrapianti nello specifico, e oggi come oggi i metodi per ridurre i danni dovuti al rigetto sono migliorati sensibilmente, anche grazie all’opera di questi pionieri.

Si possono considerare i medici che praticano gli xenotrapianti come “macellai”, certo, ma quanti di noi non disdegnano, chennesò, un fegato di vitello (o anche un bel filetto)? Le implicazioni etiche sono evidenti, ma l’etica non è un assoluto, dipende anche da che parte la si guarda. C’è un etica anche nel tenativo di salvare una vita umana, o di provare a capire attraverso la sperimentazione come salvarne tante altre. Uno decide poi da che parte stare e ha tutto il diritto di farlo. Ma no, Ignazio Marino non è un sadico torturatore che ha goduto ad uccidere un primate. È un medico che ha provato a salvare un (e magari anche più) essere umano. In quel episodio non ci è riuscito, ma il suo lavoro e quello di altri ha contribuito a migliorare la condizione di altri pazienti futuri. E Ignazio Marino è una persona che io personalmente ammiro, per la sua coerenza, intelligenza, e cultura (anche scientifica).

Crediti immagine: Niccolò Caranti, Wikimedia Commons

 

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.