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FUTURO – Quando si pensa agli organismi modello, subito dopo il moscerino Drosophila melanogaster, viene in mente il nematode Caenorhabditis elegans. Una delle caratteristiche che lo rende un animale davvero perfetto per il laboratorio, come se non bastasse il fatto che è trasparente e che si può “surgelare”, è che conosciamo il destino di ogni singola cellula che dall’embrione andrà a costituire un individuo adulto dei due sessi (959 per gli ermafroditi, 1031 per i maschi). Nel 1998 è stato anche il primo animale ad avere il genoma totalmente sequenziato: insomma, lo conosciamo davvero bene, ma sarà sufficiente per crearne una versione totalmente artificiale?

È quello che pensano gli ideatori (tra cui gli ingegneri italiani Giovanni Idili e Matteo Cantarelli) di OpenWorm, un progetto che ha come obiettivo creare la «prima forma di vita artificiale» copiando C. elegans. Un obiettivo ambizioso ma che, grazie alla Open Science potrebbe diventare presto presto tangibile.

Come suggerisce il nome, infatti, il vermetto virtuale si sta sviluppando completamente in open source, cioè i codici sorgente  (chiamiamolo, con una generosa licenza, “genoma” digitale) sono liberamente scaricabili dal sito Github, attraverso il quale ogni programmatore, dallo “smanettone” all’ingegnere, può far crescere OpenWorm lavorando sul prototipo che già muove i primi passi (si fa per dire) nel simulatore (e mai nome fu più azzeccato) Geppetto, anch’esso in continuo aggiornamento.

Non pensiate semplicemente di poter scaricare un programma e poter vedere sul vostro computer un C. elegans a spasso: OpenWorm parte da solide basi teoriche ma ha ancora un bel pezzo di strada da fare… e serve aiuto.

In primo luogo si cercano biologi, in particolare quelli che usano C. elegans in optogenetica e connettomica, ma anche esperti di simulazioni fluidodinamiche e chimiche.

Ma tutti posso aiutare perché come anticipato open vuol dire anche Open Science: non si tratta solo di avere accesso diretto alla ricerca, ma anche di partecipazione. I creativi possono dare una mano con video e altro materiale, i divulgatori comunicare i progressi del progetto al grande pubblico, i webmaster collaborare al sito, i più generosi donare direttamente qualsiasi somma desiderino o, banalmente, si può fare pubblicità tra i propri contatti per far conoscere il progetto.

Ma a cosa ci servirà OpenWorm? Se visitate il sito, spostando il cursore in alto a destra sul vermicello stilizzato vedrete apparire delle famose citazioni. In una in particolare è condensato tutto il significato di OpenWorm:

What I cannot create, I do not understand.

Ciò che non posso creare, non posso capirlo

dalla lavagna di Richard Feynman

Il sistema nervoso di C. elegans con i suoi soli 302 neuroni è davvero immensamente più semplice di quello umano, che ne conta circa 100 miliardi. Eppure gli sono sufficienti anche per sviluppare comportamenti “complessi” come l’apprendimento: come accade tutto ciò? Come si passa, cioè, dai neuroni al comportamento? Costruendo la sua versione digitale potremmo capirlo, e applicare naturalmente queste conoscenze alla comprensione del cervello umano e in particolare alle malattie che lo colpiscono: forse molto presto il faraonico Progetto Cervello Umano potrebbe andare a chiedere una mano a OpenWorm…

Nel frattempo potete visitare l’OpenWorm browser, un modello “statico” di C. elegans che consente di esplorarlo in modo simile al Google Body Browser.

Crediti immagine: http://www.openworm.org/

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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac