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L’anima matematica dell’e-Democracy

Pietro Speroni di FenizioASCOLTA IL PODCAST!

[audio http://audio.chirbit.com/rossival_1370019624.mp3|titles=”Intervista a Pietro Speroni di Fenizio – di Valentina Rossi”]

JEKYLL – Venerdì 31 maggio e oggi, sabato primo giugno, si tiene a Trieste la terza edizione di State of the Net, conferenza italiana in cui si discute dell’influenza di internet e dello sviluppo della cultura digitale. In quest’occasione abbiamo sentito Pietro Speroni di Fenizio, uno degli speaker dell’incontro.

Pietro Speroni è un matematico che si occupa di e-Democracy, una forma di democrazia che usa le moderne tecnologie informatiche per coinvolgere direttamente le persone nella formulazione e nella selezione delle proposte di legge. Attualmente, Speroni sta lavorando a un progetto di democrazia partecipativa che si chiama “Vilfredo va ad Atene”.

Perché un nome così insolito?

Ha in mente il gruppo Frankie Goes to Hollywood? Ecco, dato che per sviluppare il nostro progetto utilizziamo il Fronte di Pareto, un concetto creato dall’economista italiano Vilfredo Pareto, e dato che lo applichiamo alla democrazia, quello che si ottiene è che “Vilfredo va ad Atene”.

Ci può spiegare in cosa consiste questo progetto?

Stiamo progettando un algoritmo per trovare un accordo tra un gruppo di persone a cui viene posta una domanda aperta, per esempio quale può essere la legge elettorale migliore per l’Italia. La e-Democracy si occupa proprio di questo, e cioè di trovare le risposte maggiormente condivise a un quesito posto agli utenti.

“Vilfredo va ad Atene” fondamentalmente segue un processo di approssimazioni successive in cui la gente scrive proposte preliminari e vota le proposte fatte dagli altri. Sulla base di queste valutazioni, con un po’ di magia matematica, alcune proposte passano e altre vengono abbandonate. A questo punto il sistema chiede alle persone di modificare o integrare le proposte che sono passate in modo da renderle più vicine alla loro soluzione ideale. Il processo è ciclico: si torna a votare le proposte migliori e a modificarle fino a ottenere una soluzione che viene votata da tutti i partecipanti, e a questo punto l’algoritmo si ferma.

Fino al 2009 lei si è occupato di Vita Artificiale. Poi è passato a interessarsi all’e-Democracy. Cosa l’ha spinta a cambiare indirizzo di ricerca?

Erano già 10 anni che mi occupavo di Vita Artificiale, e sarebbe bene che una persona non lavori sullo stesso argomento per troppo tempo. Perché quello che potevi dare a un campo di ricerca in 10 anni l’hai esaurito.

Nel frattempo avevo iniziato a interessarmi di come questi nuovi strumenti tecnologici stavano iniziando a cambiare la società. Conosce la frase, credo sia di Jefferson, che dice «Every generation needs a new revolution»? Allora ho cominciato a chiedermi qual era la nostra rivoluzione. La generazione dei nostri genitori ha avuto il Sessantotto. Ma la nostra rivoluzione non è come quella del Sessantotto, è una rivoluzione più tecnica. È forse, in un certo senso, anche più incisiva.

In Italia alcuni iniziano a essere sempre più interessati a forme di democrazia partecipata. Penso per esempio al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Come vede lei il futuro dell’e-Democracy nel nostro paese?

Io estenderei la domanda: come vedo il futuro della e-Democracy in genere, di cui poi il nostro paese è un caso particolare.

Quando è arrivato Wikipedia c’è stato un terremoto: tutti hanno cominciato a vedere che ci si poteva mettere d’accordo senza avere una struttura gerarchica. Molta gente ha avuto una visione da questo punto di vista, e ha veramente cominciato a chiedersi se non sarebbe possibile avere un sistema in cui tutti possono partecipare, votare  e dire la loro. Solo che ovviamente avere una visione di un sistema di questo genere ed effettivamente metterlo in pratica sono due passaggi differenti.

In questo momento ci sono tante persone, tante organizzazioni in giro per il mondo che hanno cercato di portare l’e-Democracy ai cittadini. Non attraverso le istituzioni, ma attraverso piattaforme messe a disposizione dai partiti. Queste piattaforme cominciano a esserci, ma non sono assolutamente a un livello di perfezionamento ottimale.

Quello che succede è che la gente ha promesso delle cose prima di essere in grado di poterle dare. Accade spesso che una nuova tecnologia non riesca a mantenere subito le sue promesse. Ma nel frattempo la tecnologia continua a crescere e, con i suoi ritmi, alla fine queste promesse riuscirà a mantenerle. Pretendere che lo faccia subito è a volte un po’ irrealistico.

Foto d’apertura: Pietro Speroni di Fenizio

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