CRONACASALUTE

Luce che cura

Gray656CRONACA – C’è chi passa due ore ogni giorno sotto la doccia per la costante sensazione di essere sporco, c’è chi non riesce ad allontanarsi da casa per il bisogno di chiudere ripetutamente la porta, c’è chi ha bisogno di scusarsi in continuazione, di sistemare le penne in maniera simmetrica o di dover rifare centinaia di volte il caffè alla macchinetta per il terrore che sia avvelenato. Ce n’è per tutti i gusti: dall’ossessione per l’accumulo, per l’ordine e la simmetria, a quella del controllo o della contaminazione; la varietà forme in cui si può presentare il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) è grande.

Secondo i dati dell’Istituto Nazionale per la salute Mentale il 2% della popolazione degli Stati Uniti ne sarebbe interessata, secondo Wikipedia 1 su 50 senza risparmiare nomi noti da Luigi XVI a Leonardo di Caprio passando per Charles Darwin. Questo disturbo d’ansia è caratterizzato da una serie di pensieri ossessivi generanti da precise compulsioni, in altre parole si tratta di idee ricorrenti che si insinuano in maniera invasiva e inappropriata nella mente dell’interessato richiedendo l’attuazione di specifiche e ripetute azioni mentali o comportamentali per essere neutralizzate. Nella definizione generale i soggetti risultano caratterizzati da una rigidità, coscienziosità, scrupolosità o moralità, spesso riconosciute eccessive dallo stesso paziente. Questi comportamenti risultano in molti casi invalidanti, evidenziando una mancanza di libertà nell’espressione di sé.

Questo comune disturbo, le cui cause biologico neurologiche sono spesso coadiuvate da forzanti ambientali, viene oggi trattato tramite terapia cognitivo comportamentale, farmacologica e, nei soggetti resistenti, tramite stimolazione cerebrale profonda. Questa tecnica invia stimolazioni elettriche verso una precisa area del cervello chiamata corpo striato, coinvolta nel disturbo ossessivo compulsivo.

Un team di scienziati del Massachussets Institute of Technology (MIT) sta cercando di trovare un modo per raffinare la tecnica di stimolazione cerebrale profonda per il disturbo ossessivo compulsivo usando una tecnica forse in grado di aiutare a comprenderne le cause. Si tratta dell’optogenetica, una combinazione di genetica e ottica, che permetterebbe di stimolare l’attività dei neuroni tramite impulsi luminosi della durata di qualche millisecondo. Questa tecnica permetterebbe di attivare precise cellule cerebrali rese fotosensibili mediante l’inserimento di particolari geni.

Gli scienziati del MIT hanno finora applicato la tecnica sui topi, osservando che l’attivazione tramite stimolazione luminosa di un determinato circuito di segnali da un piccolo gruppo di neuroni corticali ad uno di neuroni inibitori appartenenti al corpo striato viene interrotto il comportamento compulsivo di grooming negli animali. Questo comportamento inibitorio sembra essere disfunzionale nei soggetti ossessivo compulsivi. Per ora la tecnica non risulta ancora esportabile sugli uomini, ma il suo elevato valore scientifico starebbe nella possibilità di individuare con precisione cause e fattori scatenanti di questo disturbo. Ann Gabryel docente d’Istituto al MIT e autrice dell’articolo apparso su Science e il coautore Eric Burguière del Brain and Spine Institute di Parigi intendono proseguire lo studio mettendo a punto dei marcatori in grado di evidenziare a livello cerebrale, il momento in cui il comportamento compulsivo sta per essere attuato. Questo porterebbe all’individuazione dei fattori ambientali coinvolti nell’attivazione della compulsione da qui all’ottimizzazione dei trattamenti terapeutici per questo genere di disturbi ansiosi. Le attuali stimolazioni infatti vengono applicate senza limiti di tempo, mentre la conoscenza esatta dei circuiti e dei fattori scatenanti potrebbe aiutare a programmare interventi mirati e di durata limitata.

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Anna Sustersic
Mi occupo di comunicazione scientifica legata principalmente a temi di conservazione della natura e attualmente collaboro in Tanzania con PAMS Foundation sviluppando un progetto dedicato all’uso della comunicazione per la promozione della coesistenza fra uomo a fauna selvatica. Dopo il dottorato in Scienze ambientali, ho ho conseguito un master in comunicazione della scienza presso la SISSA di Trieste con una tesi sulla sensibilizzazione dei giovani alle tematiche scientifiche. Ho lavorato come educatore ambientale presso diverse aree protette. Successivamente mi sono interessata alla scrittura come mezzo per la divulgazione scientifica legata a temi naturalistici/conservazionistici. In quest’ambito sono stata collaboratrice e consulente presso musei scientifici, testate giornalistiche nazionali e internazionali, aree protette, case editrici scolastiche e Istituzioni trattando temi legati alla natura e alla sua tutela. Ho scritto diversi libri e guide per sensibilizzare e divulgare temi legati all’ambiente e la sua tutela: "L’anima Perduta delle Montagne" (Idea Montagna – 2019) e, con Filippo Zibordi, "Sulla Via dell’orso. Un racconto Trentino di uomini e natura" (Idea Montagna, 2016) e "Parco Adamello Brenta – Geopark" (PNAB – 2018).