CRONACACULTURA

Nuovi indizi sulla morte di Ötzi

Dr_Egarter_Dr_Zink_samplingCRONACA – È un’analisi di proteine a fornire nuovi indizi su un omicidio irrisolto di oltre 5000 anni fa. La vittima è illustre, così famosa da meritare un posto d’onore in un museo. Si tratta di Ötzi, la mummia dell’Età del rame ritrovata nel 1991 sulle Alpi al confine tra l’Italia e l’Austria, ora conservata al Museo Archeologico dell’Alto Adige.

Considerata una delle più antiche mummie scoperte, Ötzi è stato oggetto di numerosi studi che hanno permesso di ricostruire molti dettagli sulla vita e la biologia degli esseri umani dell’Età del rame.
Una risorsa preziosa per i ricercatori, soprattutto per il particolare processo di mummificazione naturale a cui è andato incontro il suo corpo. Ötzi, chiamato anche Iceman, è infatti una considerato una “mummia umida”, a causa dell’acqua ancora contenuta nelle cellule del suo corpo, caratteristica che ha permesso di sottoporre i tessuti a moderne analisi scientifiche.

Dopo la pubblicazione del suo genoma nel 2012, un gruppo di ricercatori dell’European Academy of Bolzano/Bozen (EURAC), della Saarland University, della Kiel University e di altri centri europei hanno analizzato ora il complesso di proteine contenuto in alcuni campioni di cervello prelevati dalla mummia. Lo studio delle proteine presenti in un tessuto offre alcuni vantaggi rispetto al sequenziamento del DNA. Innanzi tutto la maggiore sopravvivenza di queste molecole nei campioni prelevati da mummie, a fronte di un più rapido decadimento del DNA.

L’analisi delle proteine espresse, inoltre, fornisce ulteriori informazioni su quali particolari geni erano attivi nel tessuto studiato. E può portare, come in questo caso, un nuovo indizio sulla possibile causa di morte di Ötzi, supportando l’idea che l’uomo abbia subito un colpo al cranio al momento del decesso. Tra le molecole osservate nei campioni, infatti, gli scienziati hanno sottolineato la presenza di un gruppo di proteine legate a risposte di stress, e un altro set di proteine coinvolte nella coagulazione del sangue. Se questi risultati da soli non basterebbero a convincere un moderno medico legale delle cause di morte di un cadavere, possono però dare supporto alle analisi effettuate sul cervello di Ötzi alcuni anni fa, che avevano rivelato la presenza di possibili lesioni osservate in scansioni TC (tomografia computerizzata).

Lo studio, pubblicato sulla rivista Cellular and Molecular Life Sciences, non fornisce soltanto indizi per risolvere un possibile omicidio. I nuovi metodi utilizzati per analizzare il complesso di proteine rappresentano un importante avanzamento per lo studio di reperti archeologici umani.

Crediti immagine: Samadelli Marco/EURAC

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