CRONACA

Ricostruire la storia delle malattie

Mycobacterium_lepraeCRONACA – Da dove vengono le malattie che oggi sono diffuse in tutto il mondo? Come si sono diffuse? Uno studio, pubblicato su Science, racconta qualcosa su una malattia tutt’ora diffusa nel mondo: la lebbra. Un team internazionale di ricercatori ha infatti ricostruito una dozzina di genomi della lebbra risalenti al medioevo e li ha confrontati con campioni moderni facendo luce sulla storia e la diffusione della malattia.

La lebbra è una malattia infettiva e cronica causata dal batterio patogeno Mycobacterium leprae. È diffusa in circa 91 paesi e registra circa 200 000 nuove infezioni ogni anno. Non si conosce esattamente l’epoca precisa in cui è comparsa: i resti più antichi che attestano la diffusione della malattia sono dei reperti ossei, trovati in India, che risalgono a circa 4000 anni fa.

A ricostruire la storia della malattia ci ha pensato un team internazionale di ricercatori, guidati da Johannes Krause dell’Università di Tubinga e Stewart Cole dell’EPFL di Losanna. I ricercatori hanno ricostruito l’intero genoma di Mycobacterium leprae recuperato da cinque scheletri trovati in Danimarca, Svezia e Regno Unito e anche da alcuni campioni di pazienti “moderni” provenienti da tutto il mondo.

Il paragone tra i campioni antichi e quelli moderni ha mostrato alcune cose interessanti. Innanzi tutto è stato notato che tutti i batteri presenti nei campioni condividono un antenato comune che esiste da 4000 anni (e questo concorda con le ipotesi di datazione legata ai reperti antichi trovati); in secondo luogo è stato possibile avere un’idea di come si sia diffusa la malattia nei secoli: i genotipi del batterio M. leprae dell’Europa del medioevo sono stati trovati oggi nel Medio Oriente, mentre altre specie di batteri della lebbra medievali sono state osservati in Nord America.

Uno degli scheletri analizzati, inoltre, ha permesso di fare un’ipotesi ancora più potente, che va al di la dello studio della lebbra. Il DNA patogeno presente in questo scheletro, infatti, era perfettamente conservato tanto che, per la prima volta, è stato possibile ricostruire l’intera sequenza genetica del batterio senza utilizzare una controparte moderna.

La quantità di DNA patogeno presente nello scheletro, inoltre, era molto più alta di quella che solitamente si trova negli scheletri e nei pazienti moderni. Questo ha portato i ricercatori a ipotizzare che alcuni tipi di DNA batterico riescano a conservarsi molto più a lungo di quello dei mammiferi, dandoci la prospettiva di poter tracciare la storia delle malattie fino dalla preistoria.

Crediti immagine: pubblico dominio, Wikimedia Commons

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Livia Marin
Dopo la laurea in fisica presso lʼUniversità di Trieste ho ottenuto il Master in Comunicazione della Scienza della SISSA. Sono direttrice responsabile di OggiScienza dal 2014 e, oltre al giornalismo, mi occupo di editoria scolastica.