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ILC, presentato l’acceleratore del futuro

DE0071HRICERCA – Un tunnel di 31 km nel quale due fasci di particelle si scontrano ripetutamente, consegnando ai ricercatori la chiave per capire i segreti dell’universo. No, non è la trama di un libro di fantascienza né un’allusione alla celebre gaffe dell’ex ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini. Si tratta del progetto di ILC, International Linear Collider, il nuovo acceleratore di particelle che la comunità scientifica internazionale vorrebbe realizzare nei prossimi dieci anni. Una macchina gigantesca, che impiegherebbe oltre mille scienziati provenienti da dodici diversi paesi e che continuerebbe il lavoro compiuto in questi anni dal Large Hadron Collider (LHC) di Ginevra.

Il progetto, presentato ufficialmente il 12 giugno scorso in una conferenza congiunta tra Tokyo, Ginevra e Chicago, verrebbe realizzato in Giappone. «La scelta del Giappone è dovuta a motivi contingenti, più che politici – spiega Antonio Zoccoli, docente di fisica sperimentale all’Università di Bologna e membro della Giunta esecutiva dell’Infn – Sono trascorsi due anni dallo tsunami che distrusse una parte importante di quella regione e il governo ha deciso di investire nella ricerca per poter ripartire». A questo, poi, si aggiunge il grande contributo dato dai ricercatori nipponici allo sviluppo del Fermilab e del CERN.

ILC è stato pensato come un canale lineare, ai cui estremi sono posti due diversi acceleratori di particelle: uno emette elettroni, l’altro positroni. Una volta attivata, la macchina creerà più di settemila collisioni al secondo, generando un’energia di 500 gigaelettronvolt (Gev), grazie alla quale sarà possibile studiare meglio il bosone di Higgs, scoperto il 4 luglio di un anno fa grazie a LHC. «Attraverso ILC dovremmo riuscire a capire com’è fatto il nostro universo – aggiunge Zoccoli – e dovremmo trovare le altre particelle che i diversi modelli teorici hanno previsto, ma che non sono ancora state dimostrate sul campo». In tutta questa operazione, però, il condizionale è d’obbligo, date le difficoltà economiche attuali.

La spesa per realizzare un’infrastruttura di questo genere è davvero ingente ed è soprattutto il paese ospitante a doversene fare carico. Tutti gli altri partner, però, devono mettere a disposizione le risorse per allestire gli esperimenti e gli uomini che condurranno tali verifiche. «La tecnologia di cui abbiamo bisogno è già presente, l’obiettivo che la fisica si è posta è chiaro – ha dichiarato Barry Barish, direttore progettuale di ILC durante la presentazione – quello di cui abbiamo bisogno ora è una presa di posizione chiara da parte dei vari governi che vorranno aderire al progetto». Tra questi ci sarà l’Italia? Il nostro paese finanzierà la realizzazione di un’opera che verrà costruita a 10mila km di distanza da noi?

«Oggi è impossibile dare una risposta a questa domanda – ammette Zoccoli – ma per questo tipo di progetti occorre uscire dalla mentalità nazionale o europea e pensare su scala globale».

Crediti immagine: interactions.org

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claudio dutto
Redattore di libri scolastici, appassionato di saggi scientifici e autore di podcast per diletto. Su twitter sono @claudio_dutto