CRONACA

La pianta che elimina il DNA spazzatura

337px-Utricularia_gibba_flower_01CRONACA – A cosa serve il DNA spazzatura, quella parte di DNA non codificante che costituisce una bella fetta del nostro genoma e di quello degli altri organismi viventi? I genetisti se lo chiedono da tempo, ma non hanno ancora una chiara risposta. Il nome fa pensare a un ruolo tutt’altro che nobile, ma alcuni recenti studi suggeriscono che possa avere una certa importanza in alcuni processi biochimici, come ad esempio nella regolazione genica.

Una nuova ricerca, che vede protagonista una pianta carnivora acquatica, Utricularia gibba, sembra però mettere in discussione queste ipotesi. Questa specie ha un genoma composto per il 97% da DNA codificante necessario, e solo da un 3% di DNA spazzatura. Lo hanno scoperto i ricercatori di un team internazionale guidato dal Laboratorio Nacional de Genómica para la Biodiversidad (LANGEBIO), in Messico, e dall’University at Buffalo, che ne hanno sequenziato interamente il genoma.

Il genoma è stato descritto sulla pagine di Nature. Si tratta del più piccolo tra quelli finora noti all’interno del regno delle piante, e mostra evidenti tracce di un trend evolutivo verso la miniaturizzazione. Ed è questa una delle caratteristiche più sorprendenti di questa scoperta. Di norma l’evoluzione porta verso un aumento delle dimensioni del codice genetico, che determina soprattutto una proliferazione della parte non codificante. U. gibba è invece chiaramente il risultato di una tendenza contraria, che ha provocato una costante riduzione del genoma nelle specie che l’hanno preceduta. Ma non si è trattato di una riduzione generalizzata. Il genoma rimasto nella specie U. gibba è quello “buono”: il numero di geni (circa 28.000) è quello tipico delle piante a lei imparentate, come il pomodoro, mentre è la parte non codificante a essere ridotta drasticamente.

U. gibba ha perso la gran parte del suo DNA spazzatura, ma sembra non risentirne affatto, riuscendo a svolgere tutte le normali funzioni di piante che ne sono ricche, come il mais e il tabacco. “Si può avere una perfetta pianta multicellulare con un gran numero di cellule, organi, tessuti e fiori di diverso tipo senza DNA spazzatura. Il DNA spazzatura non è necessario”, afferma Victor Albert dell’University at Buffalo.

Il nome ‘DNA spazzatura’, nel caso di U. gibba, sembra quanto mai appropriato. Ma resta il fatto, incontrovertibile, che questa parte del genoma esiste, e ne occupa la quasi totalità in molte specie, uomo incluso. Attendiamo i prossimi studi per capirne di più.

Crediti immagine: Alex Popovkin, Wikimedia Commons

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