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Elogio di Silvio Berlusconi

800px-PolimiEVENTI – (Embè?) Per festeggiare i suoi 150 anni – ma no, non del Cav! – il Politecnico di Milano ospita dal 9 all’11 settembre circa 800 fisici della materia che presenteranno nuovi lavori e faranno il punto su meriti e debolezze della ricerca italiana nei vari stati della materia succitata.

Dal programma, si annuncia uno stress della Madunina, link per forestieri, masse che non riescono a decidere quale sessione seguire, ferme davanti al distributore di bibite come asine di Buridano. Il momento giusto “per ammirare un tantino la situazione storica” (I fiori blu, Raymond Queneau, pag.1).

L’evento ha il patrocinio del CNISM e del CNR, tra altri. Fino a dieci anni fa avrebbe fatto tutto da solo il consorzio interuniversitario al quale, nel 1994, un governo Berlusconi aveva concesso l’indipendenza ribattezzandolo Istituto Nazionale di Fisica della Materia (INFM). Soldi pochi, libertà tanta, inizi traballanti. Poi una direttrice amministrativa, Manuela Arata, che si sa muovere bene a Bruxelles, un comitato scientifico di volontari con qualche Nobel e Neil Ashcroft (1) a orchestrare la peer-review delle proposte e dei risultati.

Iniziano i record dei finanziamenti europei. Vanno a tremila associati in maggioranza under 35 anni, assistiti da pochi impiegati. Così l’INFM batte anche il record delle spese di gestione più basse d’Italia: il 9%. Tutto il contrario del CNR che spende il 90% del proprio budget in stipendi.

Perciò nel 2003, la ministra Moratti di un altro governo Berlusconi definisce l’INFM “un modello per la ricerca italiana” e… lo diluisce nel CNR ancora “da riformare”, sul lastrico e asfissiato dalla burocrazia, per praticare a quest’ultimo una “cura omeopatica”. Sorpreso, il comitato scientifico chiede alla ministra il motivo di quel licenziamento in tronco. Ella tace. Protestano anche i ricercatori che per anni riescono a coordinarsi grazie alle fatiche – immani – di Elisa Molinari che dirige il CS3, oggi CNRNano, di Modena.

(La sua sessione è da non perdere o vi si toglie il saluto.)

Ci sono tante fisiche e tante materie. Gli italiani sono dotati per tutte, basta guardare le copertine di riviste come Nature o Physical Review Letters, la quantità di post-doc di passaggio o stanziali nei grandi lab del mondo o il programma della conferenza. All’attuale consorzio interuniversitario – presidente Ezio Puppin che cerca tuttora di stipare altri interventi nel Poli, fermatelo! – gioverebbe se non l’indipendenza, almeno una vera autonomia. Per superare le divisioni tra CNR/università/Istituti nazionali, le beghe accademiche, le baronie e i pantofolai.

E per autogestire risorse sempre più scarse perché, quando collaborano, le scienze della materia producono innovazione in tutti i settori dell’economia: medicina, telecomunicazioni, trasporti, nuovi materiali per l’industria, l’edilizia, le lattine riciclabili, le Nike e le creme antirughe.

Forse a Milano, i ricercatori potrebbero chiedere a un’altra ministra la libertà di eccellere – qui, non all’estero.

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(1) Sempre lui, l’emerito dell’università Cornell, noto anche per aver riorganizzato vari centri di ricerca, tra i quali il Cavendish Lab di Cambridge, appisolato sugli allori dopo gli anni fasti della cristallografia e della doppia elica del DNA. Diversamente dagli articoli sull’idrogeno metallico e sull’astato però, questo qui l’ho scritto da sola.

Crediti immagine: Kiban, Wikimedi Commons

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