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Raccolti in pericolo nel nord del mondo

405px-Cropduster_spraying_pesticidesFUTURO – I parassiti e le malattie delle piante stanno migrando verso i poli alla stessa velocità a cui si spostano le temperature. Il fenomeno, la cui causa principale è il cambiamento climatico, solleva importanti questioni sulla sicurezza degli alimenti umani.

Che il cambiamento climatico stesse causando cambi nella distribuzione delle specie del mondo, con un generale spostamento verso i poli, era noto. Gli ecologi avevano infatti già documentato questa tendenza in molte specie selvatiche, inclusi alcuni uccelli e insetti.

Se già il fenomeno stesso del cambio climatico, e le conseguenti modifiche all’alimentazione umana, sono fonti di grande preoccupazione in molti paesi, la migrazione dei parassiti non fa che peggiorare ulteriormente la situazione. “Ai nostri metodi di difesa principali, pesticidi e fungicidi, si richiede ora di combattere un numero sempre crescente malattie e parassiti, ognuno dei quali può sviluppare resistenza a questi stessi metodi di difesa”, afferma l’ecologo Dan Bebber dell’Università di Exeter, Regno Unito, che ha condotto uno studio sulla migrazione dei parassiti verso nord, pubblicato su Nature Climate Change.

Tra le principali minacce troviamo i funghi e gli oomiceti, oltre a gruppi simili di microbi che causano malattie vegetali. Diversi ceppi altamente virulenti di funghi sono apparsi recentemente nel mondo, e l’oomiceta Phytophthora infestans resta un problema persistente perfino più di un secolo e mezzo dopo aver causato la grande carestia delle patate in Irlanda.

Il movimento globale dei parassiti vegetali non è mai stato analizzato nella sua totalità. Per colmare questa lacuna, Bebber e colleghi hanno usato dati conservati al CABI, il Centro internazionale di bioscienze agricole, che raccoglie informazioni su parassiti e malattie vegetali nel mondo dal 1822 a oggi. “Nessuno aveva ancora esaminato queste banche dati. La nostra è la prima analisi di questo tipo”, sostiene Sarah Gurr, patologa vegetale a Exeter e coautrice dello studio.

Mark Ramotowski, un altro degli autori dello studio, ha ridotto il campione del CABI da 80.000 a quasi 27.000 unità, concentrandosi sul periodo dal 1960 a oggi, in cui i dati sui campioni sono più affidabili. Analizzando 612 specie diverse di parassiti, i ricercatori hanno identificato l’anno in cui ciascuno di loro è stato osservato per la prima volta in un nuovo paese, e hanno assunto quell’indicazione temporale come la data in cui il parassita ha raggiunto la latitudine media a cui si trova il paese.

Il gruppo ha ipotizzato che, in assenza di tendenze evidenti, i parassiti dovessero muoversi verso l’equatore. Ciò avverrebbe perché i paesi più ricchi dispongono delle risorse scientifiche per rivelare le infestazioni prima degli altri, e tendono a trovarsi più a nord rispetto, per esempio, ai paesi in via di sviluppo. Con la messa a punto di migliori metodi di identificazione e di studio dei parassiti, ci si aspetterebbe uno spostamento verso i tropici.

Al contrario, il gruppo ha scoperto che, in media, i parassiti vegetali si muovono verso nord alla velocità di 2,7 km all’anno, molto simile a quella del cambio climatico. Tuttavia, la rapidità di spostamento varia sensibilmente non solo a seconda del gruppo, ma anche all’interno delle singole specie. Funghi, scarafaggi, cimici, termiti, farfalle e bruchi mostrano un chiaro movimento verso maggiori latitudini (cioè, verso nord), mentre virus e vermi nematodi si spostano in direzione contraria.

Gurr sottolinea la scoperta preoccupante che funghi e oomiceti si stanno muovendo molto rapidamente verso nord, a 7 e 6 km all’anno rispettivamente. Chris Thomas, biologo all’università britannica di York, avverte che i gruppi di parassiti per i quali si è notata una tendenza a diffondersi in direzione nord-sud, cioè virus e vermi nematodi, sono quelli su cui si dispone di una minore quantità d’informazioni: di conseguenza, sono quelli per i quali è maggiore la probabilità di essere scoperti più tardi nei paesi in via di sviluppo.

Crediti immagine: USDA Photo by: Charles O’Rear, Wikimedia Commons

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