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Bruno Maksimovic Pontekorvo (1913-1993)

PontecorvoEVENTI – L’11 e il 12 all’Università La Sapienza, Roma, si terrà il convegno L’eredità di Bruno Pontecorvo, inaugurato dal Presidente della Repubblica, e con la presentazione in anteprima del film Maksimovic, realizzato con la partecipazione della SISSA.

Chiedo del “Cucciolo” di via Panisperna a Jack Steinberger del CERN, che lo ha conosciuto nel 1946-1948 quando veniva a trovare Enrico Fermi, all’Università di Chicago, e a Gianni Battimelli della Sapienza che è un fisico prestato alla storia della fisica. Che cosa pensano della “scomparsa” di Bruno Pontecorvo in Unione Sovietica nell’estate del 1950, un’eco di quella di Majorana ma in pieno stalinismo di là e di caccia alle streghe in USA? Del suo riapparire a Mosca nel 1955 per annunciare che lavorava al mitico Istituto per la fisica di Dubna?

Non bisogna credere alla propaganda della guerra fredda, dicono entrambi, non era una spia. “Era marxista, anch’io”, dice Jack Steinberger, “solo che lui ha fatto una scelta coerente.” Ma sbagliata, come disse a Erice, prima di tornare in URSS e decidere che metà delle sue ceneri dovevano restare a Dubna e metà andare in un cimitero cattolico di Roma.

Ebreo ateo, fuggito dall’Italia nel 1938 dopo le leggi sulla Razza, nel 1940 dalla Francia e dal laboratorio di Irène e Frédéric Joliot-Curie dove lavorava dal 1936, rifugiato in USA e in Canada. Una storia nella Storia come altri ragazzi di quella via, come Jack Steinberger. “Gli dobbiamo un pilastro della fisica attuale delle particelle, l’interazione universale di Fermi. Quando la teorizzò in un articolo del 1947  non voleva crederci nemmeno Fermi, detto il “Papa” per la sua infallibilità. E concetti fondamentali sui neutrini,”  dice. Gli deve anche il premio Nobel nel 1998, per un bellissimo esperimento con il fascio di neutrini immaginato da Pontecorvo, fatto insieme a Mel Schwartz che non c’è più e a Leon Lederman, che milita tuttora per il disarmo nucleare e per scuole materne decenti, anche nei quartieri poveri di Chicago.

E quei cinque anni…?

Per conto della Well Surveys americana, dove Emilio Segrè gli aveva trovato un lavoro, Pontecorvo aveva brevettato, tra l’altro, un generatore di neutroni lenti che si usa tuttora nella prospezione, per cercare petrolio, acqua, minerali radioattivi. “L’URSS  aveva bisogno di uranio, di plutonio, erano i tempi della gara agli armamenti nucleari,” suggerisce Gianni Battimelli. Era uno strumento indispensabile, forse ne aveva progettati di migliori, in segreto. Deriva dal “tubo” che i ragazzi della via Panisperna avevano inventato in casa Amaldi una sera del 1934, scherzando e ridendo al punto che la cameriera era convinta che fossero ubriachi.

Certo, l’oscillazione dei neutrini che attraversando lo spazio e la Terra cambiano “sapore” e stato non è esattamente quella ipotizzata da Pontecorvo. Quindi sarà una coincidenza se il giorno del suo centenario, i fisici cinesi hanno pubblicato gli ultimi dati sui dei neutrini – o meglio degli anti-neutrini – prodotti dai reattori di Daya Bay. Conferma una sua intuizione sul finire degli anni Cinquanta, forse è un omaggio? “Di intuizioni ne aveva tante, non tutte valide, ma un omaggio se lo è meritato,” dice Jack Steinberger.

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Raccomandati: il libro intervista di Miriam Mafai, Il lungo freddo, Rizzoli, 1992; Il Caso Pontecorvo di Simone Turchetti, Sironi editore, 2007; la puntata dedicata a Pontecorvo di La Storia siamo noi.

Crediti immagine: pubblico dominio, Wikimedia Commons

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