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Aspettando la Sintesi

IL PARCO DELLE BUFALE – Il 27 settembre uscirà la “sintesi per “decision makers” del quinto rapporto a cura dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Come ogni volta, la campagna di disinformazione si intensifica.

Un anno fa, la fusione della banchisa artica aveva superato ogni previsione, quest’anno è più simile a quella del 2010 (come previsto), e sempre maggiore della media per il decennio precedente. Per alcuni giornalisti, il deputato europeo Nigel Farage e ammiratori, tra aprile e settembre la banchisa sarebbe pertanto “cresciuta del 60%”. O l’Artico sta al polo Sud o si va dalla Norvegia alla Groenlandia in slitta. L’insolito fenomeno avrebbe indotto l’IPCC a convocare il 23 settembre una “riunione di crisi”, ovvero quella prevista tre anni fa per l’ultima revisione della sintesi.

Richard Lindzen fa parte del Cato Institute, un think tank contrario a limitare le emissioni di inquinanti e climalteranti perché a ridurli ci penserà il libero mercato. In un editoriale sul Journal of American Physicians and Surgeons (1), Lindzen accusa gli scienziati del clima di “lysenkoismo”. In combutta con i Verdi fuori e rosso stalinista dentro, da un ventennio censurano, perseguitano ed estromettono dalle cattedre i dissidenti come lui.Altri ricordano invece che nessun dissidente ha mai perso il posto, che un senatore americano ha accusato non dissidenti di tradire la patria e chiesto che siano processati, mentre Richard Lindzen faceva una brillante carriera da professore al MIT ed era ben retribuito da produttori di carbone e petrolio.

Non poteva mancare Bjørn Lomborg (2) “l’ambientalista scettico” per autodefinizione. Sul Washington Post, afferma in sostanza che si scaldano solo i paesi freddi, va tutto bene Madama la Marchesa. Fraintende un articolo di Nature sulla variabilità climatica in cui gli autori dicono che quella naturale è maggiore nei periodi freddi e che il riscaldamento globale tende a livellarla fra i Tropici e ad aumentarla in Europa e nel Nord America. Lomborg conclude con una statistica dell’altrettanto “scettico” Roger Pielke Jr:

Negli Stati Uniti, i danni da alluvioni sono calati dallo 0,2% del PIL nel 1940 a meno dello 0,05% oggi. Dal 1900 se non da prima, gli uragani non sono aumentati in frequenza, intensità e danni normalizzati. E sono passati sette anni da quando gli Stati Uniti sono stati colpiti da un uragano di categoria 3 o superiore.

Non solo l’anno scorso c’è stato l’uragano Sandy, ma quelle percentuali escludono gli investimenti federali, statali e privati per il controllo del territorio. Oltre a essere sbagliate di vari ordini di grandezza (3), si basano sul PIL nazionale, mentre uragani e alluvioni colpiscono sopratutto gli stati della costa sud-est e la loro economia. Un’alluvione come quella in corso nel Colorado, in piena stagione secca, è senza precedenti storici.

Sulla Newsletter degli Amici della Terra il direttore del Dipartimento Difesa del Suolo all’ISPRA, Leonello Serva, prende spunto da ricerche superate sul livello del mare per dire che va su e giù da sempre; non c’è da preoccuparsi finché non s’innalza di un centimetro all’anno; i modelli di previsione raccolti dall’IPCC sono tutti sbagliati, sebbene ne riporti una figura che dimostra il contrario. Quindi

 si può certamente concludere che noi stiamo vivendo un  periodo climatico calmo e pertanto non abbiamo alcuna percezione di quello che il clima ci può riservare. Nello stesso tempo su questa calma climatica ci stiamo confrontando accanitamente e allochiamo anche fondi rilevantissimi, che in questo modo vengono distolti da altre finalità ben più importanti quali quelle inerenti la riduzione del rischio sismico e vulcanico.

“Si può certamente concludere” che per il dott. Serva, l’Italia non è una penisola dalle coste densamente edificate, Venezia sta a Bolzano e l’Arca di Noè sul Monte Ararat.

(1) Rivista nota per negare molte evidenze scientifiche.

(2) Lomborg accusa di “allarmismo” anche chi parla del declino delle api, attribuisce il loro aumento in USA dopo la crisi del 2006-2007 a un “adattamento degli apicoltori alla sindrome di spopolamento delle colonie“. In realtà, il declino resta superiore alla media, ma sono aumentate le importazioni annue di colonie insieme ai costi.

(3) Rappresentavano l’1,6% del PIL 1940 ($103 miliardi) e il 3,7% del PIL 2012 ($16,2 mila miliardi). Nella tabella della NOAA, tra il 1940 e il 2012 i danni risultano raddoppiati, anche senza contare quelli dovuti a “onde di tempesta, come quelle che hanno accompagnato gli uragani Katrina e Rita nel 2005”.

Crediti immagine: IPCC-WG1

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