CRONACA

A corto di frutta? Chiedete allo scimpanzé

4934576874_5515511b40_bCRONACA – Come comportarsi quando il proprio albero di fiducia è ormai spoglio di ogni frutto, e non sappiamo dove trovarne altri? Come ha spiegato il team di Karline Janmaat sulla rivista Animal Behavior, non è un problema degli scimpanzé.
Il team di ricerca del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology ha infatti scoperto che questi animali indirizzano i propri pellegrinaggi verso particolari zone delle foreste, non solo per nutrirsi ma anche per controllare se vi sono nuovi frutti sugli alberi, ed entro quanto diventeranno commestibili. Spesso, durante questi tour, fanno ritorno in aree che hanno già visitato anche due o tre mesi prima, per controllare l’avanzamento della maturazione: si tratta di una finestra temporale piuttosto ampia, che ha offerto spunti di ricerca tutti nuovi sulla memoria a lungo termine degli scimpanzé, e sulla loro capacità di organizzare al meglio la ricerca di cibo.

Il team di Janmaat ha analizzato il comportamento di cinque femmine di scimpanzé nel Taï National Park in Costa d’Avorio, per periodi che duravano dalle quattro alle otto settimane consecutive. Un totale di 275 giorni di osservazioni, durante i quali si sono alternate molte stagioni di fruttificazione che hanno colto gli scimpanzé tutt’altro che impreparati. Le cinque femmine, infatti, tendevano sempre a scegliere gli alberi più grandi per nutrirsi, spesso preferendoli in maniera evidente ad altri più piccoli della stessa specie, che erano ancora in crescita. Inoltre ne controllavano molti al puro scopo di monitorarne le condizioni, e questo è risultato chiaro ai ricercatori perché gli alberi in questione non emanavano alcun profumo di frutta, né avevano caratteristiche che potessero attrarre gli animali.

Gli scimpanzé, come ha osservato il team di ricerca, controllavano la maggior parte degli alberi presenti sul loro itinerario, ma ne approcciavano in maniera decisa solo il 13%: tra questi non ve n’erano molti con frutti ben in evidenza o elementi di chiaro interesse per gli animali, facendo supporre che se ne ricordassero perché ci erano già passati. Questo fattore ha confermato ulteriormente come il controllo dell’ambiente fosse guidato da una precisa memoria spazio-temporale, che dava agli animali la consapevolezza di dove si trovavano gli alberi più grossi (e potenzialmente carichi di frutta matura) perché se ne ricordavano da precedenti esplorazioni.

Quanti alberi ha dovuto controllare il team di Janmaat? La bellezza di quasi 16000 individui, ognuno dei quali era stato approcciato in qualche modo dagli scimpanzé. Dati fenologici a lungo termine sui vari alberi, inoltre, hanno mostrato che gli intervalli tra una stagione di maturazione dei frutti e l’altra potevano variare da due mesi a tre anni, confermando che la finestra di memoria a lungo termine degli animali è molto più ampia di quanto pensassimo, come anche la loro capacità di pianificare gli itinerari in base alla raccolta del cibo.

Crediti immagine: Valentina Storti, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".