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LIBRI – Fisica quantistica per poeti

copertinaLIBRI – “Vedere un mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un fiore selvatico, tenere l’infinito nel palmo della mano e l’eternità in un’ora.” Possono questi versi scritti da William Blake più di due secoli fa racchiudere in sé una rappresentazione della fisica moderna? E ha senso in genere ritenere impensabile un dialogo tra questi due linguaggi, quello matematico e quello lirico?

La sfida che Leon Lederman, già Premio Nobel per la fisica nel 1988, e Christopher Hill, per sette anni a capo del Dipartimento di Fisica teorica del Fermilab, si pongono qui è rispondere a questo genere di domande affatto retoriche. Tuttavia, sebbene il titolo provocatoriamente beffardo lo suggerisca, Fisica quantistica per poeti (Bollati Boringhieri 2013, trad. di Luigi Civalleri) non ha come obiettivo quello di spiegare il mondo dei quanti ai poeti: al contrario, desidera mostrare agli scienziati che ci sono delle componenti della loro disciplina che il linguaggio della poesia può in qualche modo riuscire a raccontare. “I fenomeni quantistici sfidano la nostra primitiva concezione della realtà – scriveva il fisico Euan Squires – e ci obbligano a riesaminare l’idea stessa di esistenza”. Sono proprio questi tratti di contro intuitività che secondo gli autori rendono possibile, o per lo meno interessante, considerare un dialogo con il linguaggio poetico.

La teoria delle stringhe è un tipico esempio di questo possibile incontro. Una stringa è infatti un modo attraverso cui concepire le particelle, non più come entità puntiformi, e quindi a zero dimensioni, ma come oggetti unidimensionali. Una delle congetture più intriganti, più “concrete” e al tempo stesso più contro intuitive nel campo della teoria delle stringhe è la cosiddetta “Congettura di Maldacena” secondo cui un certo spazio può essere descritto tramite un altro di dimensione inferiore. Per dirla “in soldoni”, la congettura, sfruttando il concetto di ologramma, cioè la proiezione di uno spazio su un altro avente una dimensione in meno, suggerisce che la fisica dell’intero universo può essere rappresentata descrivendo quello che accade sul suo bordo. Idea che a chiunque parrebbe contro intuitiva, come se “il capitano Kirk e la sua Enterprise fossero atterrati su un pianeta simile a quello trovato da Alice dopo la sua caduta nella tana del coniglio”.

Insomma, quello che ci troviamo dinanzi cercando di interpretare la fisica quantistica sono, usando le parole degli stessi autori, gli spunti per una “logica da sognatori”, una fisica accessibile solo se si accoglie in qualche modo lo spirito dei poeti perché anche qui, come accade con la poesia, qualsiasi interpretazione diamo ai suoi risultati essa sembra non corrispondere mai alle nostre idee intuitive sulla realtà. “La natura parla in una lingua diversa che dobbiamo imparare – concludono Lederman e Hill – così come sarebbe bene leggere Camus nell’originale francese e non in una traduzione piena di slang americano. Se qualche passo ci dà filo da torcere, prendiamoci una bella vacanza in Provenza e respiriamo l’aria della Francia, piuttosto che rimanere nella nostra casa in periferia e cercare di adattare a quel mondo così diverso la lingua che usiamo ogni giorno.”

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.