AMBIENTE

La corsa alle nuove specie continua

500px-Animal_diversity_October_2007AMBIENTE – Quante specie esistono al mondo? La risposta a questa che potrebbe sembrare una semplice domanda è in realtà davvero complessa. Anzi, nella pratica, non esiste una risposta univoca. A tal proposito, basti pensare che l’incertezza su questo aspetto è tale che fino a qualche anno fa le stime delle specie biologiche presenti sul nostro pianeta variavano da tre a cento milioni. Simulazioni statistiche più recenti ed accurate le avrebbero invece quantificate intorno agli otto-nove milioni, ma il problema tuttora sussiste. La questione di fondo riguarda la nostra odierna conoscenza della biodiversità globale, che al momento si aggira intorno al 20% delle specie che, teoricamente, dovrebbero popolare la Terra.

Restringendo il campo alla sola componente faunistica della biodiversità ed anche non considerando gli organismi che vivono nelle profondità marine, ancora inesplorabili a causa degli odierni limiti tecnologici, il problema non viene affatto risolto. La stragrande maggioranza degli animali attualmente esistenti sono infatti insetti che, nonostante siano note alla scienza oltre un milione di specie, rappresentano un mondo ancora quasi del tutto inesplorato: secondo le stime attualmente più accreditate, il nostro livello di conoscenza è infatti pari a circa un quinto delle specie esistenti.

Al contrario, la situazione migliora leggermente se ci si riferisce alla sola fauna vertebrata, anche se la variabilità tra le diverse classi è ancora piuttosto elevata: si ritiene, infatti, che la nostra conoscenza della diversità di mammiferi e uccelli sia quasi completa (rispettivamente, il 98% e il 96%), mentre quella degli anfibi ancora particolarmente deficitaria, e pari al solo 45% delle specie esistenti (qui uno schema della situazione tra gli animali).

Per far fronte a questa enorme carenza di informazioni sulla biodiversità a livello globale, si mobilitano continuamente migliaia di sistematici e tassonomisti che, armati di pazienza ed osservazione, hanno il compito di scovare, identificare e descrivere specie nuove alla scienza. Il lavoro di questo piccolo esercito di solerti esperti produce la formalizzazione di circa 15.000 specie nuove ogni anno, ma anche a questi impressionanti ritmi la reale biodiversità mondiale ci sfugge. In questo contesto di incertezza, negli ultimi anni sono intervenute sempre più accurate procedure di biologia molecolare, che sono andate ad aggiungersi alle metodologie classiche basate su analisi morfometriche e sull’osservazione del comportamento sessuale ed hanno rappresentato un prezioso strumento nelle mani degli esperti, tanto da rendere possibile il riconoscimento di innumerevoli specie gemelle, entità morfologicamente identiche ma ben separate dal punto di vista riproduttivo (alcuni esempi recenti: varani, coccodrilli, iguane, lemuri pigmei, squali martello, delfini).

Callicebus caquetensisIn ogni caso, i progressi della tecnologia non servirebbero a nulla se non fossero continuamente supportati dal materiale grezzo, ovvero i campioni biologici raccolti sul campo. E così, un fenomeno in continua espansione è quello delle spedizioni ecologiche in luoghi remoti e finora inesplorati (anche non al solo scopo di scoprire nuove specie: si veda questo stupendo progetto sugli uccelli del paradiso), spesso finanziati dalle più importanti associazioni dedicate alla conservazione della natura, quali il WWF o Conservation International. Sulle vette delle montagne, in mezzo ai deserti e nelle foreste più fitte, la possibilità di osservare e scoprire almeno una specie nuova è diventato ormai quasi una certezza. Ne sono testimonianza i recenti report di alcune di queste missioni biologiche nei diversi continenti, con la formalizzazione di decine (spedizione 2013 in Suriname), centinaia (spedizione 2013 in Amazzonia colombiana e brasiliana e foto), o perfino migliaia (spedizione 2011 in Nuova Guinea) di specie nuove.

Una delle conseguenze di questa continua ‘corsa alla nuova specie’ è stato il fiorire e il moltiplicarsi nel corso degli ultimi anni delle riviste internazionali specializzate in tassonomia e sistematica: Systematic Biology, Zootaxa, Zookeys, Systematic and Biodiversity, Journal of Systematic and Evolution, Systematic Review e Journal of Taxonomy and Biodiversity Research sono solo alcuni dei titoli di queste riviste, che si contendono le descrizioni dei più importanti e stravaganti organismi da presentare alla comunità scientifica internazionale.

La definizione di nuove entità specifiche non rappresenta però solo un orpello nella carriera di uno scienziato, il cui curriculum viene senza dubbio impreziosito dall’istituzione, e dalla conseguente denominazione, di una specie ignota, ma può avere anche profonde ripercussioni pratiche. Infatti, le specie nuove sono spesso endemiche e confinate in piccole regioni, quindi per definizione già fortemente minacciate di estinzione: oltre al progredire della nostra conoscenza del mondo naturale che ci circonda, l’attuale corsa alle specie è dunque fondamentale per la tutela della biodiversità. In una fase di rapidissimo degrado ambientale e di cambiamenti climatici a livello globale, che stanno causando la cosiddetta sesta estinzione di massa (detta anche estinzione antropogenica), una più accurata definizione della diversità, sia animale che vegetale, è oggi più che mai necessaria. La corsa alle specie è diventata oggi una corsa contro il tempo.

Crediti immagini: Justin, Wikimedia Commons; Callicebus caquetensis – Colombia: Thomas Defler
La specie è stata scoperta solo da alcune settimane nel corso di una spedizione in Amazzonia

Condividi su
Andrea Romano
Biologo e giornalista scientifico, lavora come ecologo all'Università degli Studi di Milano, dove studia il comportamento animale. Scrive di animali, natura ed evoluzione anche su Le Scienze e Focus D&R. Dal 2008, è caporedattore di Pikaia - portale dell'evoluzione