SALUTE

Un aiuto dai topi per ricostruire ossa e capelli

800px-Knockout_Mice5006-300SALUTE – Un importante passo avanti nello studio della rigenerazione dei tessuti, che potrebbe aiutare non soltanto nella rigenerazione di ossa e cartilagini, ma anche nelle cure contro la calvizie. È il frutto di una nuova ricerca condotta da medici e biologi del Programma cellule staminali del Children’s Hospital di Boston, Stati Uniti.

È noto, in biologia, che i piccoli delle specie animali sono capaci di riparare senza sforzo i loro tessuti. Sembrava che questa capacità andasse persa negli adulti, ma lo studio statunitense sembra suggerire il contrario. Usando i topi come modelli sperimentali, i ricercatori hanno riattivato un particolare gene, Lin28a, attivo nelle cellule embrionali, e sono riusciti a far ricrescere i peli agli animali, e a ripararne cartilagini, ossa, pelle e altri tessuti soffici.

Lo studio ha anche scoperto che il meccanismo attraverso il quale il gene stimola la riparazione dei tessuti riguarda i mitocondri, i ‘motori energetici’ delle cellule, di cui migliora il metabolismo. I risultati della ricerca, che potrebbe aprire nuove strade allo sviluppo di cure rigenerative, sono stati pubblicati sulla rivista Cell.

“I tentativi fatti finora per accelerare rimarginazione delle ferite e riparazione dei tessuti sono quasi tutti falliti, ma la nostra strategia, che consiste nell’alterare il metabolismo, ci dota di un nuovo strumento, che speriamo possa avere successo”, afferma il ricercatore senior dello studio, George Daley, direttore del Programma di trapianto di cellule staminali al Boston Children’s.

“Molti medici sono portati a pensare che i fattori di crescita siano gli elementi più importanti nei processi di rimarginazione delle ferite, ma noi abbiamo scoperto che è il metabolismo delle cellule a limitare i tempi e e la frequenza della riparazione dei tessuti”, aggiunge Shyh-Chang Ng, coautore della ricerca insieme a Hao Zhu, entrambi al laboratorio di Daley. “L’aumento del tasso metabolico registrato dopo aver riattivato Lin28a è tipico degli embrioni durante la loro rapida fase di crescita”.

Il gene, inizialmente scoperto nei vermi, è presente in tutti gli organismi complessi. Abbonda nelle cellule staminali embrionali, è fortemente espresso nella fase iniziare di formazione dell’embrione, ed è stato usato per riprogrammare cellule del tessuto epiteliale in cellule staminali. Agisce legandosi all’Rna e regolando la traduzione dei geni in proteine.

Per capire meglio come Lin28a stimolasse la riparazione dei tessuti, i ricercatori hanno esaminato sistematicamente a quali specifici Rna si legasse. In un primo momento, si sono concentrati su un piccolo Rna, la cui funzione nella maturazione e nell’invecchiamento delle cellule era già nota. “Eravamo convinti che il meccanismo fosse proprio quello”, spiega Shyh-Chang”. “Ma c’era anche qualcos’altro”.

Nello specifico, i medici hanno trovato che il Lin28a migliora anche la produzione di enzimi metabolici nei mitocondri, e hanno così scoperto che il gene, accelerando la bioenergetica cellulare, aiuta a generare l’energia richiesta per stimolare la crescita di nuovi tessuti. “Sappiamo che l’accumulo di difetti nel metabolismo mitocondriale può portare all’invecchiamento in molte cellule e tessuti”, chiarisce Shyh-Chang. “Noi abbiamo dimostrato il contrario, cioè che l’aumento del metabolismo mitocondriale può agevolare la riparazione e la rigenerazione dei tessuti, restituendo agli adulti l’incredibile capacità di riparazione degli animali allo stadio infantile”.

Ulteriori esperimenti hanno dimostrato che, anche bypassando Lin28a e attivando direttamente il metabolismo mitocondriale grazie a un composto di piccole molecole, si ha un effetto positivo sulla rimarginazione delle ferite. Quest’ultima scoperta suggerisce la possibilità dell’uso di farmaci per indurre la rigenerazione e stimolare la riparazione dei tessuti. “Poiché Lin28a è difficile da introdurre nelle cellule – conclude il biologo – essere riusciti ad attivare il metabolismo mitocondriale seguendo un metodo farmacologico ci lascia ben sperare, ma ci sono altri fattori embrionali ancora da scoprire”.

Crediti immagine: Maggie Bartlett, NHGRI., Wikimedia Commons

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