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Meglio pochi ma buoni? No grazie

7975205041_7a5e4b65ff_bCRONACA – “La persona più intelligente nella stanza è la stanza stessa”.
 Così David Weinberger ha descritto in un suo saggio l’importanza della rete e dei gruppi sociali virtuali adesso che internet è il nostro pane quotidiano; per riuscire a migliorare e comprendere concetti nuovi è necessario circondarsi dell’ambiente e delle persone giuste. 
Questo principio varrà anche quando si parla di gruppi sociali reali?

Un gruppo di ricercatori del dipartimento di Psicologia della University of British Colombia, guidato da Michael Muthukrishna e Joseph Henrich,  ha confermato in laboratorio quello che evoluzionisti e archeologi sostengono da sempre: le dimensioni di una popolazione e il suo livello di connettività sociale sono essenziali per lo sviluppo di tecnologie più sofisticate e per l’accrescimento culturale delle persone che ne fanno parte. In poche parole per quanto riguarda l’apprendimento e la cultura, il detto “meglio pochi ma buoni” non vale più. Quando in un gruppo sono presenti più insegnanti da osservare al lavoro e dai quali imparare le persone che ne fanno parte sono maggiormente in grado di mantenere le abilità tecniche apprese e addirittura far crescere le abilità complessive del gruppo nella generazione successiva.

Lo studio, pubblicato online sulla rivista Proceedings of the Royal Academy: Biological Sciences, è stato organizzato con dieci “generazioni” di partecipanti; ad ogni generazione è stato chiesto di imparare a destreggiarsi nel photo editing o nel fare alcuni nodi e poi passare queste conoscenze alla generazione successiva. Il gruppo di partecipanti che aveva accesso ad un numero maggiore di esperti è riuscito ad apprendere meglio e a mantenere più a lungo queste conoscenze, passandole con maggior successo ai partecipanti successivi. La micro-società ricreata in laboratorio ha confermato quindi quanto predetto dai precedenti modelli evolutivi: la quantità conta. Aumentare il numero di modelli culturali di riferimento accessibili alla popolazione può generare un accumulo maggiore di conoscenze tecniche in un modo tale che ogni individuo dell’ultima generazione risulti più abile della media della prima generazione e di quasi tutti i suoi “antenati”. Secondo i ricercatori della Colombia quindi  la nostra socialità – ovvero la rete di persone che conosciamo, le relazioni che formiamo e la struttura sociale – potrebbe essere quello che ha distinto i nostri antenati dagli altri primati, portandoci verso un diverso percorso evolutivo.

Crediti immagine: Chris Potter, Flickr

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Chiara Forin
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