CRONACA

Trend scientifici su Twitter 2010-2012: radiazioni, Google e frattura del pene

5858249526_2298a25375_bCRONACA – Informazioni di ogni sorta, dalle foto della vostra colazione fino alla comunicazione dai campi di guerra: questo e molto altro viene veicolato da Twitter ogni giorno, a colpi di 140 caratteri. Perché dunque non sfruttarlo anche per indagare i trend nella comunicazione scientifica?

Inutile precipitarvi su Twitter ora, l’hanno già fatto: l’idea è venuta a un gruppo internazionale di ricercatori guidati da Stefanie Haustein, della School of Library and Information Science dell’Università di Montreal. Haustein e i suoi colleghi hanno voluto scoprire quali sono stati gli articoli soggetti a peer review più retwittati tra il 2010 e il 2012, per identificare i trend associati al loro successo sui social media e capire quali ambiti dell’informazione scientifica trovano più spazio sul web. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of the Association for Information Science and Technology (JASIST).

I ricercatori hanno esaminato un pool di 1.4 milioni di articoli presi dai database di PubMed e Web of Science, e stabilito per ognuno quante volte fosse apparso su Twitter allo scopo di creare una vera e propria graduatoria. Dato il gran numero di articoli, si tratta del più ampio studio condotto finora analizzando l’interazione tra scienza e social network. Passiamo dunque alla classifica: in prima e seconda posizione troviamo gli articoli riguardanti gli effetti delle radiazioni sugli esseri umani, e tra i primi quindici gli argomenti se la giocano tra l’acne negli atleti adolescenti, le fratture del pene e i collegamenti tra l’attività fisica e il tasso di mortalità. La posizione numero 12, invece, è occupata da un articolo sull’autismo di Laurent Mottron dell’Università di Montreal.

Lo studio ha selezionato i tweet direttamente correlati agli articoli, sia nel caso contenessero un link diretto (a un database scientifico) sia si trattasse invece di informazioni bibliografiche abbastanza specifiche da permettere a chiunque di reperirlo immediatamente (ad esempio DOI o PMID). L’analisi ha mostrato come gran parte dei tweet non corrispondesse direttamente a un elevato numero di citazioni in giornali peer-reviewed, metodo per misurare il fattore di impatto (impact factor) generalmente accettato dalla comunità scientifica. Come ha scoperto il team di Haustein, l’articolo in pole position che trattava di un gene alterato in seguito all’esposizione a radiazioni è stato twittato 963 volte, ma ha ricevuto solamente nove citazioni accademiche. Un articolo molto simile che riguardava invece la situazione di Fukushima ha ricevuto 30 citazioni accademiche contro un numero inferiore di tweet, “solo” 693.

Come commenta l’autrice, gli articoli scientifici più popolari su Twitter riguardano la salute oppure hanno una componente umoristica, o ancora guardano a tematiche inaspettate. Questo suggerisce, senza stupire troppo, che gli articoli con impatto scientifico maggiore non siano anche quelli con la più ampia distribuzione. Perlomeno, non sui social network.

Di questi tempi, commenta a una sola voce il team di ricerca, Twitter non può certo essere considerato un infallibile marker di impatto scientifico. Resta certo però che può indicare in maniera intuitiva un determinato impatto sociale. Quando si va alla ricerca degli articoli più gettonati c’è sempre una sorpresa divertente ad attenderci: spesso infatti i tweet diffondono i paper in termini, per così dire, aneddotici.

Il metodo tradizionale per valutare l’impatto di un articolo scientifico si basa sul numero di citazioni ricevute in altri articoli scientifici, riflettendo l’impatto sulla comunità accademica degli autori. La peer review assicura un certo livello di qualità, ma nel caso dei social network la situazione è ben diversa: qualsiasi persona può menzionare un articolo rivolgendosi a chiunque e non c’è controllo di qualità, spiega Haustein. Nondimeno, anche se i 2/3 degli articoli twittati sono stati menzionati una sola volta, Twitter è sempre più usato per diffondere l’informazione scientifica. Durante i tre anni che lo studio ha richiesto, c’è stato un aumento nella proporzione di articoli dei quali si è parlato sul social network, raggiungendo il 20.4% nel 2012. Le riviste più citate? Pnas, Science, The Lancet e il New England Journal of Medicine, ma il vincitore assoluto rimane Nature con 13.430 menzioni in 1.083 paper (il 42%).

I ricercatori hanno sottolineato che la recente evoluzione dell’utilizzo dei social network offre nuove prospettive per la comunicazione scientifica. Il fatto che le informazioni vengano diffuse anche da chi non è del campo non è altro che un’incoraggiante prova che la scienza è (o sta diventando?) un aspetto della cultura generale. Ci sono però dei grandi esclusi, che ovviamente riducono non poco il ventaglio di realtà che ricerche come questa riescono ad abbracciare: come sottolineano gli autori, ad esempio, appena il 15% degli scienziati del Quebec sono attivi su Twitter. Considerando dati come questo, rimane chiaro come questo strumento di condivisione (al pari degli altri ora in voga) non sia ancora pronto per essere considerato un vero indice di impact factor. Sorge, in parallelo, la curiosità di capire se e perché gli scienziati sono riluttanti nello sfruttare i social network come strumento di comunicazione professionale.

Altri studi molto gettonati su Twitter tra il 2010 e il 2012…

  • Gli effetti di Google sulla memoria, conseguenza dell’informazione sempre a portata di mano;
  • Copyright e open access;
  • Conseguenze sui comportamenti emotivi dopo l’assunzione di ceppi di Lactobacillus;
  • Annidamento nella mucosa orale di una donna di spermatofore di calamaro.

Crediti immagine: Andreas Eldh, Flickr

Condividi su
Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".