CRONACA

Risonanze libresche

438px-Arcimboldo_Librarian_StokholmCRONACA – Un buon romanzo “risuona” nel nostro cervello anche dopo la lettura, lasciando un segno tangibile anche per alcuni giorni. Questo è quello che emerge da uno studio apparso di recente su Brain Connectivity da parte di un team di scienziati della Emory’s Goizueta Business School, Atlanta. La lettura infatti pare agire sul nostro cervello durante i momenti successivi, quelli in cui la nostra mente è a riposo.

Per ottenere questi risultati il gruppo americano ha sottoposto a risonanza magnetica 21 studenti universitari per 19 giorni consecutivi, focalizzandosi sugli effetti della lettura sulle reti neurali dei partecipanti. Già in passato altri studi si erano concentrati sui processi cognitivi coinvolti nella lettura di storie brevi, ma mai per letture più lunghe, come appunto un romanzo. L’opera in questione non è stata scelta a caso tra e varie proposte e si tratta di Pompei, un thriller scritto da Robert Harris nel 2003, che racconta la reale vicenda dell’eruzione del Vesuvio  nel 79 d.C., la stessa che noi italiani studiamo a più riprese durante gli anni della scuola.  Il libro è stato scelto dagli scienziati per la sua linea narrativa ben strutturata, dove il protagonista, momentaneamente lontano dalla cittadina di Pompei ma vicino al Vesuvio, si accorge prima degli altri abitanti dell’eruzione imminente e cerca tra mille ostacoli di tornare indietro e salvare la donna che ama. I partecipanti hanno seguito nove sessioni di lettura serale di 30 pagine ognuna, mentre le mattine erano dedicate agli esperimenti in laboratorio.

Gli effetti mostrati dalla risonanza magnetica sono stati molto interessanti perché hanno mostrato che nelle mattine successive alla lettura la connettività si era accentuata nella parte sinistra della corteccia cerebrale, l’area del cervello associata al linguaggio, oltre che nella cosiddetta “scissura centrale”, la principale regione del cervello legata alla percezione del movimento. I neuroni in questa regione vengono associati infatti alle rappresentazioni sensoriali, e in questo senso ad esempio l’atto di pensare di camminare attiva i neuroni associati all’atto fisico del camminare.

In altre parole dunque, secondo gli scienziati l’atto di leggere un romanzo fa sì che il lettore si immedesimi a tal punto nel protagonista da percepire i suoi movimenti come propri. Quello che si suole dire una “risonanza” tra fiction e realtà.

Crediti immagine: pubblico dominio, Wikimedia Commons

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.