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Comunicare la sperimentazione animale: la parola a un ricercatore

8223128161_e25ac6c126_b“Sempre più metodi alternativi alla vivisezione, ma l’Italia è indietro” La Repubblica

“Vivisezione, le alternative ci sono. Scienziati a confronto, il convegno alla Camera” Il Corriere della sera

Titoli fuorvianti a partire dall’utilizzo del termine “vivisezione”, che come ha ricordato la senatrice a vita Elena Cattaneo è del tutto inappropriato. Questi e molti altri articoli hanno parlato di ricercatori europei che riterrebbero inutile e dannosa la sperimentazione animale, non lasciando spazio a pareri contrastanti. Così gliel’abbiamo dato noi, intervistando Leonardo Murgiano, un ricercatore italiano che si occupa di genetica animale all’Università di Berna:

“Mi sono avvicinato al problema della disinformazione scientifica italiana guardando al panorama desolante intorno a Le Iene e la vicenda di Stamina. Mi è altresì spesso capitato di leggere su molte riviste – che reputavo di qualità – articoli che non stanno né in cielo né in terra, come questi ultimi in merito alla sperimentazione animale. Vengono sfruttate le paure e gli istinti, provocando danni che richiederanno moltissimo tempo per essere riparati, e costeranno la fiducia delle persone nei confronti degli scienziati.”

Finché i media daranno voce a una sola campana non ci sarà molto da fare, lei cosa ne pensa?

È una vita che non vedevo argomenti scientifici trattati così parzialmente e con la più totale superficialità. Gli autori avrebbero dovuto includere anche un parere discordante, mentre si sono limitati a scrivere che “È questa la posizione di tanti fisici, biologi, medici e ricercatori italiani ed europei sulla sperimentazione animale: un metodo inutile, inaffidabile e soprattutto dannoso per cavie e persone, al di là della questione etica”. Come ho voluto precisare linkando un’indagine di Nature nella mia lettera di risposta all’articolo del Corriere, non è la verità. Trattando argomenti così delicati è vitale indagare le fonti, una competenza che purtroppo il lettore medio non ha.

Eppure la disinformazione non causa poi tanto scalpore

Per dire, se qualcuno dicesse che la Gerusalemme liberata l’ha scritta Dante Alighieri sarebbe preso a pomodori in faccia. Invece si leggono spesso castronerie equivalenti dal punto di vista scientifico, e passano senza che nessuno si turbi troppo. In questo caso, per esempio, non si spiega che il modello animale è essenziale: lo “costruiamo” per simulare nella maniera più accurata possibile ciò che studiamo, in quanto non è possibile intervenire sull’oggetto di studio stesso, ovvero l’essere umano. “L’Italia è indietro”, dice La Repubblica. No, è che Germania, Francia, Spagna e molti paesi esteri ci credono di più. Non investono di più in metodi alternativi, investono di più nella ricerca scientifica in generale. In Svizzera, dove lavoro ora, sono sconcertati nel vedere un paese così interessante e vario come il nostro tanto trascurato. E che si trascura.

“Dai dati elaborati dall’Oms, negli ultimi dieci anni la popolazione colpita da diabete e cancro al seno sarebbe raddoppiata, la diffusione dell’Alzheimer aumentata dal 5% al 24% e l’autismo incremento di 50 volte. Per un totale di 680 mila persone con diagnosi positive nel 2000 a fronte dei 6 milioni odierni.”

La spiegazione è semplice: prendiamo per esempio una malattia che prima uccideva, diciamo, in un anno. Ora abbiamo terapie che permettono al malato di vivere fino a sette anni in più. Ovviamente i numeri dei malati aumenteranno di anno in anno, perché comprenderanno anche tutti i casi precedenti. Siamo molto più longevi, perciò insorgono più tumori; per non parlare del fatto che il nostro stile di vita è radicalmente cambiato. Inoltre al giorno d’oggi si diagnosticano le malattie molto più efficacemente di un tempo.

“Tra le innovazioni più recenti invece il progetto dell’embrione virtuale […] replicato dalla Germania con l’elaborazione del fegato virtuale.” riporta il Corriere. Alternative vere?

Si tratta di un fegato modello che simula alcune delle reazioni che avvengono: per capirci, è un modello computerizzato progettato dagli esseri umani. È dunque ottimo per simulare una parte delle reazioni, ma siamo sicuri vi siano inserite tutte le variabili possibili? Non critico in alcun modo l’operato encomiabile del colleghi, ma rimane un metodo che non può sostituire la sperimentazione, solo affiancarla. Una simulazione può ricreare efficacemente l’interazione di una molecola con una cellula, ma quando si passa al livello di tessuti e organi non permette di osservare eventuali interazioni non previste.

Esistono dunque colture cellulari e sistemi informatici che affiancano la sperimentazione animale, ma non sono ancora in grado di sostituirla?

La ricerca di metodi alternativi è un obiettivo giustissimo e condivisibile, ma non è per questi tempi. Basta pensare al diabete, che all’inizio veniva studiato sui cani, con l’insulina che veniva estratta dal pancreas di maiale. Solo in seguito siamo riusciti a manipolare geneticamente un batterio, inserendovi un DNA estraneo, stabilizzando il trasferimento e crescendo il batterio in modo che producesse l’insulina. Poi la si estrae, la si purifica e la si può mettere in commercio. Questo è solo uno degli esempi che chiarificano come, quando è stato possibile, gli scienziati hanno subito implementato metodi alternativi per evitare sofferenze agli animali.

E ancora: c’è un “[…] gap incolmabile tra i due generi” (esseri umani e animali)?

Il topo, nella sua fisiologia, è incredibilmente simile a noi. Mi capita spesso, nei miei studi di genetica animale, di confrontare i dati di topi, cavalli, cani e gatti con quelli di esseri umani. L’analogia tra essere umano e mammifero è enorme, e dire “La vivisezione può costituire uno strumento valido per la ricerca sulla salute umana? Se gli uomini fossero roditori da 70 chili probabilmente si.” è fuorviante. Gli scienziati scelgono un pool di animali con un certo tipo di caratteristiche, poi tra questi stabiliscono qual è il modello più adatto.

Siamo davvero così simili dal punto di vista genetico?

Sotto molti aspetti si: insieme a dei colleghi è capitato di rendersi conto che varie specie di vacche avevano un problema muscolare dovuto alla mutazione di una proteina, un canale del calcio, che interviene nel rilassamento dei muscoli. La stessa proteina mutata causa negli esseri umani la miopatia di Brody. Un altro esempio è la sindrome di Ellis van Creveld, una patologia dovuta all’anomalia di un gene che si manifesta con diversi sintomi, tra i quali la bassa statura; il gene è stato identificato grazie a studi veterinari su una popolazione di vacche nane. O ancora, abbiamo studiato dei cavalli che manifestavano gli stessi sintomi dell’incontinentia pigmenti, per scoprire che il gene mutato che la causava era lo stesso che la provoca negli esseri umani.

“Cercare la cura ad una malattia come la mia [paralisi] provocando lesioni alla spina dorsale di cani o scimmie è oltre tutto poco utile. La loro spina dorsale è diversa dalla nostra.”

Ho visto filmati di scimmie che riescono a muovere braccia meccaniche, dando speranza, insieme agli studi sulle staminali, alle persone affette da paralisi. Certo la strada è lunga ma, per dire, ora ci fregiamo di antibiotici e vaccini che curano patologie per cui un tempo si moriva. La scienza è divenire ed è estremamente presuntuoso credersi già alla fine del cammino, come anche dimenticare tutti i risultati già ottenuti con la sperimentazione animale: dalla conoscenza dei problemi cardiaci al miglioramento della qualità di vita per i malati di AIDS, passando per l’aumento dell’aspettativa di vita per chi soffre di fibrosi cistica. Ah, e non dimentichiamo la pillola anticoncezionale che non avremmo, se non fosse stata testata sulle coniglie.

Crediti immagine: Understanding Animal Research, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".