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“Piccoli mostri nell’armadio”, la denuncia di Greenpeace

WebSPECIALE GENNAIO – È dal 2011 che Greenpeace, con la campagna Detox, chiede alle aziende produttrici di capi d’abbigliamento e calzature di mettere al bando le sostanze chimiche dannose e rendere la filiera trasparente.

Sotto accusa ci sono 11 sostanze (alchilfenoli, ftalati, ritardanti di fiamma bromurati e clorurati, coloranti azoici, composti organici stannici, composti perfluoroclorurati, clorobenzeni, solventi clorurati, clorofenoli, paraffine clorurate a catena corta, metalli pesanti come cadmio, piombo, mercurio). Tutti composti chimici potenzialmente pericolosi, che una volta rilasciati nell’ambiente possono avere effetti dannosi sul sistema riproduttivo, immunitario o ormonale. Finora 18 grandi marchi, da Benetton a Valentino, hanno aderito alla campagna, impegnandosi pubblicamente a eliminare le sostanze tossiche dalla loro filiera. Ma il traguardo è ancora lontano.

Secondo il recente rapporto dell’associazione ambientalista “Piccoli mostri nell’armadio” l’uso di sostanze pericolose è ancora diffuso. In tutti gli 82 capi di abbigliamento e calzature per bambini di 12 grandi marchi testati sono state individuate sostanze potenzialmente dannose (nonilfenoli etossilati, ftalati, composti organostannici, composti chimici perfluorurati, antimonio) in concentrazioni simili a quelle rilevate nei vestiti per adulti. A oggi non è noto se i livelli di sostanze trovati nei vestiti costituiscano un rischio diretto per la salute di chi li indossa. È certo, invece, che “questi piccoli mostri chimici li troviamo ovunque, dai vestiti di lusso a quelli più economici, e stanno contaminando i nostri fiumi da Roma a Pechino”.  come afferma Chiara Campione, responsabile del progetto The Fashion Duel di Greenpeace Italia.

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