AMBIENTEECONOMIA

Italia rinnovabile, bella e impossibile?

5204475317_a70e07afc0_bAMBIENTE – È stata da pochi giorni presentata dalla Commissione Europea la nuova proposta strategica per il clima e il settore energetico (entro il 2030 riduzione del 40% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ai dati del 1990 e produzione del 27% di energia da fonti rinnovabili). Ne abbiamo parlato con Gianfranco Padovan, presidente di Energoclub, associazione impegnata nella promozione delle rinnovabili in Italia.

Con la proposta della Commissione Europea si va finalmente nella giusta direzione?

Sì, abbastanza ma non con l’ampiezza necessaria. Le percentuali di riduzione della CO2 dovrebbero essere ben oltre il 50% mentre per quel che riguarda l’aumento delle rinnovabili, l’Italia dovrebbe puntare oltre il 60%, per arrivare al 90 o al 100% entro il 2040. Inoltre efficienza e tecnologie che impiegano le fonti rinnovabili, già nei prossimi anni, consentiranno di ridurre il consumo di fonti fossili ben più del 40%. Uno sforzo extra va fatto sugli interventi di risparmio energetico nelle ristrutturazioni e retrofit degli edifici, dei processi industriali, dei processi primari e dei mezzi di trasporto. Vanno stimolate iniziative di simbiosi industriale e di blue-economy in modo che i processi non generino rifiuti non solo solidi ma anche gassosi.

In definitiva, la formula che proporrei per il 2030 è riduzione del 50% per l’anidride carbonica, produzione da rinnovabili al 60%, riduzione delle fonti fossili del 70%.

Perché come EnergoClub ritenete che l’energia stia alla base dell’assetto dell’Italia?

La copertura del nostro attuale fabbisogno energetico oggi comporta una bolletta di oltre 60 miliardi di euro all’anno di cui oltre 50 miliardi sono pagati ai fornitori stranieri di metano fossile, petrolio, carbone. La nostra economia dipende per più dell’80% da fonti fossili nelle mani di pochi che possono condizionare l’assetto economico e sociale dell’Italia.

La nostra politica energetica è funzionale alle multinazionali Enel e Eni e il rapporto che si è con loro instaurato non lascia intravedere niente di buono. Le esigenze dell’Italia in termini di autonomia dalle fonti fossili, sviluppo dell’economia basata sulle rinnovabili, riduzioni delle emissioni di CO2 e inquinanti cancerogeni, produzione di energia diffusa nel territorio, utilizzo dei territori nazionali e delle coste, valorizzazione delle risorse naturali e dei giacimenti culturali divergono dalle esigenze di Enel ed Eni. La politica, la buona politica, deve riappropriarsi della governance della questione energetica il prima possibile.

Guardando al nostro Paese e al 2030. Quali sono le fonti rinnovabili su cui dovremmo puntare?

Prima fra tutte è la fonte rinnovabile “virtuale” costituita dall’energia che non viene più spesa per effetto di interventi di risparmio energetico e di miglioramento dell’efficienza. Dal punto di vista della disponibilità di fonti rinnovabili l’Italia è un paese fortunato. Molto fortunato. Peccato che gli italiani se ne siano accorti solo di recente. Il detto “Italia paese del sole” non è solo uno slogan. Siamo ricchi di energia solare. Di più al sud rispetto al nord e molto di più della Germania che ha investito sul fotovoltaico quasi il doppio dell’Italia.

Ogni edificio, ogni capannone, ogni parcheggio coperto dovrebbe essere un’occasione per raccogliere energia. In particolare i parcheggi aziendali, pubblici e dei centri commerciali dovrebbero essere dotati di colonnine di ricarica e sistemi di stoccaggio dell’energia in eccesso per i veicoli elettrici e ibridi plug-in, per l’illuminazione esterna e interna. L’idroelettrico ha già un peso notevole nel paniere energetico italiano. Si potrebbero però sfruttare tutte le centraline dismesse e le decine di migliaia di piccoli salti utilizzati nel passato come quelli per la macinatura dei cereali, nei magli per la forgiatura dei metalli oppure per la filatura della lana.

Per quel che riguarda il vento, bisognerà progettare la generazione eolica assieme alla sua utenza prevedendo un autoconsumo locale entro un raggio di 80 km includendo anche l’accumulo di energia.

Il ruolo delle bionergie come biogas, biometano, biodiesel, bioetanolo è molto rilevante a patto che si sappia valutare la sostenibilità sia in termici strettamente economici che energetici ma, soprattutto, dal punto di vista sociale e d’impatto sulle filiere alimentari. Il problema non si porrebbe se le bioenergie utilizzassero materiali organici e reflui come rifiuti zootecnici, scarichi fognari e acque con carica organica da depurare. Tanto per dare un’idea, in Italia, il bio-metano prodotto dai reflui organici potrebbe essere pari a 7.8 Mtep/anno e potrebbe essere utilizzato nei processi industriali e nei trasporti con i mezzi ibridi e bi-fuel e, in seguito, nei veicoli elettrici alimentati da celle a combustibile.

Oggi in Italia esiste una Strategia Energetica Nazionale che non vi convice molto, perchè?

Lo diciamo in modo schietto: la Strategia Energetica Nazionale sembra nata nell’ufficio dell’Eni e essere transitata per qualche altro ufficio dell’Enel. Questo abbiamo detto anche in occasione dell’audizione alla X Commissione della Camera il 5 novembre 2013.

La critica più forte che va mossa alla SEN riguarda lo spazio dedicato alle fonti fossili. L’idea è di fare dell’Italia l’Hub Sud-Europa del metano fossile realizzando altri rigassificatori off-shore come quello di Porto Viro nel nord Adriatico. Questa strategia  ci sembra profondamente sbagliata e inadatta alla vocazione energetica dell’Italia che, deve essere chiaro a tutti, dovrebbe puntare a diventare leader mondiale nell’uso delle fonti rinnovabili. Qualcuno dovrà spiegare perché dobbiamo continuare a pagare oltre 50 miliardi di acquisto di fonti fossili all’anno quando ci sono giacimenti di fonti rinnovabili che attendono di essere sfruttati qui in Italia. Il nostro Paese dovrebbe diventare l’Hub non del Metano ma della bellezza per l’intera Europa, per i giacimenti naturalistici, paesaggistici, culturali ed eno-gastronomici di cui dispone.

Pensate all’impatto che avrebbe sulla politica energetica nazionale se la maggior parte dei consumatori acquistassero energia elettrica verde non solo in Italia ma anche all’estero. Pensate a cosa succederebbe se le famiglie si rendessero autonome energeticamente eliminando l’uso di ogni combustibile fossile.

Come Energoclub avete preparato una proposta per un Piano Energetico Nazionale. Qual è l’obiettivo del vostro piano?

Il Piano Energetico Nazionale (PEN), dovrebbe essere il vero riferimento per l’Italia per avviarci a diventare un paese carbon free. Il PEN proposto da EnergoClub ha la particolarità di definire un percorso di dismissione (phase out) delle tecnologie che impiegano le fonti fossili. Per ogni tecnologia è previsto una data oltre cui la tecnologia è messa al bando lasciando alla ricerca tecnologica, al mercato la proposta di tecnologie che impiegano fonti rinnovabili.

Puntando sulle rinnovabili e sul PEN quali potrebbero essere i benefici principali per l’Italia?

Risparmio di 60 miliardi all’anno di bolletta energetica.

Nuovi posti di lavoro per oltre 1,2 milioni di persone.

Riduzione di 5.000 morti premature per inquinamento ambientale.

Riduzione dei costi sociali per circa 100 milioni di euro all’anno.

Riduzione del 90% delle emissioni di CO2.

Quota di mercato del biologico stimata a 90%.

A quando un’Italia 100% rinnovabile? Fantascienza?

A partire dal 2040. Meglio se prima. I primi segnali di rilievo si verificheranno non nei comuni o nelle regioni ma nelle famiglie che hanno aderito alla campagna EnergoClub Autonomia energetica 100%. Già adesso tutte le famiglie che hanno aderito al Gruppo d’Acquisto Energia Verde possono dire che l’energia elettrica è prodotta con fonti rinnovabili. Fantascienza? No. Conoscenza e buon senso per tutti i giorni.

Crediti immagine: janie.hernandez55, Flickr

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