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Lexem, parte da Trento un progetto per contrastare le specie aliene invasive

800px-CDC-Gathany-Aedes-albopictus-1RICERCA – Nutria, scoiattolo grigio e tartaruga orecchie rosse sono solo tre delle innumerevoli specie aliene che introdotte in nuovi habitat hanno compromesso quelle autoctone, e a volte l’ambiente stesso. Nella lista delle 100 specie aliene più dannose al mondo, sappiatelo, c’è anche Felis catus: il gatto domestico.

Affrontare l’impatto e la progressiva diffusione delle specie aliene è dunque un problema piuttosto significativo, e d’importanza nazionale e internazionale. Per quanto riguarda l’Italia è partito Lexem, un grande progetto di ricerca finanziato dalla provincia autonoma di Trento e coordinato dalla fondazione Edmund Mach, con lo scopo di approfondire le conoscenze sull’ecologia e la biologia di tre specie in particolare: la zanzara tigre (Aedes albopictus Skuse), la zanzara coreana (Aedes koreicus) e il cosiddetto ‘moscerino dei piccoli frutti’ (Drosophila suzukii).

Perché queste specie causano tanta preoccupazione? Non solo sono fastidiose e molto invasive,  ma causano veri e propri danni e disagi sia sotto l’aspetto economico e sociale sia sotto quello sanitario. Prendiamo per esempio la zanzara tigre. “Questa specie ha origini asiatiche, ma è diffusa ormai a livello planetario specialmente a causa degli scambi commerciali internazionali”, spiega Annapaola Rizzoli, responsabile del gruppo ricerca ecologia animale della Fondazione Edmund Mach. “Quando è arrivata in Italia si è diffusa prima in Veneto poi in quasi tutta la penisola, specialmente tramite l’importazione di materiali come i copertoni, trasportati di regione in regione per essere rigenerati e riciclati. Un altro veicolo che ne ha favorito la diffusione sono state le piante ornamentali coltivate in Asia e poi trasportate in Europa. Questa e altre specie sono fonte di grande preoccupazione da molti punti di vista, e per questo la provincia autonoma di Trento ha sentito l’esigenza di finanziare una ricerca dedicata”.

Nemici difficili

L’attenzione, in particolare per quanto riguarda l’aspetto sanitario, va rivolta verso le malattie infettive emergenti che vengono trasmesse con facilità dagli animali agli esseri umani, le zoonosi. L’unico modo per contrastarle è conoscerle, e dunque approfondire la ricerca in particolar modo sulle specie che trasmettono virus esotici, come la chikungunya e il virus del Nilo occidentale.

La zanzara tigre, una delle specie aliene più conosciute e a noi familiari, è molto più aggressiva rispetto alla zanzara comune europea, la specie Culex pipiens, che preferisce cibarsi del sangue degli animali piuttosto che di quello umano. Mentre di quest’ultima conosciamo ormai ecologia e comportamento, sappiamo come contrastarla (repellenti e zanzariere) e che punge soprattutto durante la notte, prima dell’alba o verso sera, con la zanzara tigre le cose si fanno parecchio più complicate. È infatti una specie molto attiva anche durante il giorno, e colpisce alcune fasce di popolazione particolari proprio a causa degli areali di riproduzione che predilige, ovvero le zone urbane e peri-urbane come giardini domestici e parchi. Per di più, l’acqua residua nel sottovaso di una pianta è già sufficiente a costituire un ambiente adatto alla deposizione delle uova.

“Oltre alla zanzare tigre, due anni fa per la prima volta arrivò in Italia un’altra specie, la zanzara coreana. È stata trovata nella provincia di Belluno, in Veneto, ed era ormai adattata ai climi freddi”, spiega Rizzoli. “È morfologicamente molto simile alla zanzare tigre. Forse proprio per questo è stata segnalata così di recente, e rimane concreta la possibilità che fosse presente da molto prima ma venisse confusa con la zanzara tigre”. Nel caso specifico delle zanzare, a livello nazionale sono già attivi piani di sorveglianza regolati dal comparto sanitario. Sono inoltre stati finanziati molti progetti per armonizzare i vari sistemi di monitoraggio, ma resta comunque la necessità di sviluppare la ricerca sulle strategie di controllo e intervento.

L’impatto economico

Essendo la Provincia autonoma di Trento un territorio montano, che fa molto affidamento sul sistema turistico e sulla promozione di benessere e welfare, affrontare le invasioni di specie aliene diventa una priorità anche dal punto di vista economico.

La specie che entra in gioco in questo caso è la Drosophila suzukii, ormai diffusa in tutto il Trentino e in triveneto; non ha impatto sugli esseri umani dal punto di vista sanitario, ma le conseguenze della sua presenza sull’economia sono gravissime. Questa specie in particolare attacca i piccoli frutti danneggiando in maniera ingente la produzione frutticola di pregio, che rappresenta un elemento importante dell’economia del territorio. L’impatto sull’agricoltura è dunque enorme: solo l’anno scorso la Drosophila suzukii ha causato danni per 5 milioni di euro, proprio per la mancata produzione. “Il danno complessivo è comunque difficile da stimare”, commenta Rizzoli, “perché oltre a quello diretto vorremmo riuscire a dare un valore in termini economici anche al disagio vero e proprio causato dalla presenza degli insetti. Vanno inoltre considerati tutti i costi indiretti, da quelli per ridurre la densità delle specie a quelli derivanti dai progetti di prevenzione e monitoraggio delle malattie”.

Il progetto Lexem

Per questo progetto, la Provincia autonoma di Trento può contare su numerosi partner, anche internazionali. Lexem nasce infatti dalla collaborazione della fondazione Edmund Mach con partner locali come l’Università di Trento e la fondazione Bruno Kessler, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e una serie di stakeholder come produttori, aziende sanitarie e il nuovo museo di scienze MUSE. “Proprio grazie all’attività museale vogliamo divulgare il più possibile la parte informativa del progetto, con conferenze, laboratori e convegni per raggiungere sia il grande pubblico che gli esperti”, spiega Rizzoli. Inoltre, partecipano al progetto anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’Università della California Davis, l’Università dell’Oregon e la Penn State University, con un comitato scientifico che comprende esperti del tema di rilevanza internazionale

Altri contributi arrivano dal centro Dondena dell’Università Bocconi, dal dipartimento di ingegneria del Politecnico di Milano e dall’Università La Sapienza di Roma. Tra gli obiettivi del progetto Lexem vi è anche quello di sviluppare modelli matematici di tipo dinamico e spaziale predittivi della diffusione delle specie, per “Fornire ai decisori politici e agli amministratori gli strumenti per determinare le future strategie di intervento combinando l’approccio ecologico-epidemiologico agli studi delle specie, delle loro interazioni con l’ambiente alpino e la fauna locale”, conclude Rizzoli.

Crediti immagine: James Gathany, CDC, Wikimedia Commons

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".