SCOPERTE

Con Darwin, non contro gli Ogm

SCOPERTE – Nell’Iowa sono stati osservati dei casi di resistenza della Diabrotica virgifera v. a due delle tre tossine del Bacillus thuringiensis incorporate in altrettante varietà di mais transgenico. La sorpresa è un’altra.

L’evoluzione era stata prevista dai genetisti indipendenti dalla metà degli anni ’90, Steve Palumbi, allora post-doc a Harvard, e Richard Lewontin, già emeritus, avevano calcolato una media di 4 anni per batteri e muffe e di 6 anni per gli insetti (incertezza: +/- 1 anno). Erano stati considerati allarmisti, retrogradi e affamatori del terzo mondo, mentre l’allora presidente di Monsanto, Robert Shapiro riteneva molto improbabile l’evoluzione di una resistenza. Semmai fosse accaduto, si sarebbe trovato un sostituto del Bacillus thuringiensis, uno dei pesticidi naturali più efficaci e meno inquinanti che ci sia.

Era tutta teoria. Usciti sui Proceedings of the National Academy o Sciences, una rivista favorevole alla diffusione degli OGM, i lavori sul campo e in vitro di Aaron J. Gassmann e dei suoi colleghi all’Università statale dell’Iowa sono allarmanti. Nel giro di 3,6 anni quel coleottero diventa resistente anche a più tossine: una volta che ha acquisto la resistenza alla prima, la strada è tutta in discesa. E le sue infestazioni sono tremende: qualcuno ricorderà l’Italia nel luglio 2007, i campi verdissimi di giugno ridotti a distese di steli nudi, secchi e marroni dalla Lombardia alla Basilicata. La bella sorpresa questa volta è nella dichiarazione sui conflitti d’interesse:

  • A.J.G[assmann] ha ricevuto fondi di ricerca collegati a questo progetto dalla Monsanto e fondi non collegati da AMVAC, Dow AgroSciences, DuPont-Pioneer, Monsanto, Syngenta, and Valent.

e nella reazione unanime di Gassmann e degli altri ricercatori sentiti da Brian Owens di Nature:

anche con le colture biotech, gli agricoltori devono tuttora usare pratiche antiche come la rotazione per combattere gli insetti infestanti.

Nell’Unione Europea il problema non si pone ancora perché è autorizzato solo il mais Bt contro la piralide, un lepidottero che infesta molte altre piante. Dal 1998 quel mais viene coltivato principalmente in Spagna con un’efficacia del 99,99% e non è stato segnalato alcun caso di resistenza, grazie anche a “zone rifugio” riservate al mais tradizionale ed equivalenti al 20-30% della superficie coltivata a mais transgenico, come ci ha ricordato l’agronomo Marco Aurelio Pasti, presidente dell’Associazione italiana maiscoltori.

In Italia e in altri paesi UE, alcune confederazioni di agricoltori “si battono per l’introduzione” del mais Bt contro la diabrotica. Dal 1992 le infestazioni sono ricorrenti, i prodotti autorizzati per combatterla costano parecchio e sono pericolosi per uccelli e mammiferi, oltre ai pesci nei corsi d’acqua inquinati dalle irrorazioni. In Francia, per esempio, gli interventi devono essere comunicati in anticipo al Comune che provvede a informare la popolazione sulle precauzioni da prendere e a controllare che siano affissi dei cartelli attorno ai campi.

Fino all’altro giorno, la scelta del mais Bt a prova di diabrotica sembrava assennata. Oggi lo sembra di più il consiglio di un ricercatore finanziato da Monsanto.

Crediti immagineDr.Peter Baufeld/Julius-Kühn Institute per l’opuscolo della Commissione Europea

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