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L’importanza di essere un microbo a Chernobyl

L'accumulo di foglie, detriti e resti vegetali nell'area costituisce una seria minaccia principalmente per il potenziale di diffusione della radioattività

3558704627_697feaf2eb_oSPECIALE MARZO – I microbi sono importanti (come le parole) e Chernobyl ne sa qualcosa. A causa dei danni che le popolazioni microbiche della zona hanno subito a causa dell’incidente, infatti, la decomposizione del materiale organico è stata drammaticamente rallentata. Qual è il problema? In realtà sono tre: l’accumulo di foglie e sterpaglie è anche un accumulo di radioattività e una riserva di materiali facilmente infiammabili. Senza l’humus risultante dai processi di decomposizione, inoltre, le nuove piante non hanno nuovi nutrienti ai quali attingere per svilupparsi.

Secondo il nuovo studio pubblicato su Oecologia l’accumulo di foglie, detriti e resti vegetali nell’area costituisce una seria minaccia principalmente per il potenziale di diffusione della radioattività. Le ricerche ambientali, a cura di Tim Mousseau della Chernobyl and Fukushima Research Initiatives della University of South Carolina, hanno indagato intensivamente la zona contaminata intorno alla centrale nucleare di Chernobyl. Insieme al suo team, Mousseau ha subito notato qualcosa di strano nella Foresta Rossa, la parte più contaminata della zona di alienazione (anche nota con il nome di Zona dei 30 chilometri o Quarta zona).

“Continuavamo a imbatterci in questi alberi morti sul terreno, alberi che erano stati colpiti dall’esplosione iniziale”, spiega Mousseau. “Dopo 15 o anche 20 anni, tutti questi tronchi erano ancora in buone condizioni. Se gli stessi alberi fossero caduti nel mio cortile, sarebbero stati ridotti in polvere nel giro di un decennio”. Per mappare le differenze di radioattività tra le varie zone, e dunque la velocità di decomposizione del materiale organico, il team ha posizionato centinaia di campioni di resti organici (aghi di pino e foglie di quercia, acero e betulla) all’interno di sacchi di rete in tutta l’area di interesse.

Dopo nove mesi di vita into the wild dei sacchi, il team li ha recuperati e analizzati, scoprendo che alle zone con maggiore radioattività corrispondeva una minor perdita di peso (quindi materiali che non si erano decomposti). Se nelle aree di controllo ucraine con livelli di radiazioni nella norma la decomposizione si svolgeva regolarmente, in quelle maggiormente contaminate la perdita di peso era invece del 40% inferiore, e il terreno più denso. I ricercatori hanno concluso che l’azione decompositiva perpetrata da funghi e batteri nel suolo è ostacolata dalla contaminazione radioattiva, mentre gli effetti sui piccoli invertebrati (come le termiti) sono ridotti. Ma le conseguenze non finiscono qui, perché secondo Mousseau una decomposizione più lenta compromette indirettamente la crescita delle piante, in quanto vengono a mancare molti nutrienti importanti per lo sviluppo. Questo va ovviamente ad aggiungersi agli effetti diretti dell’incidente, che da subito hanno influenzato fauna e flora della zona.

“Si tratta di uno degli aspetti dell’impatto sull’ecosistema di basse dosi di radiazioni. Abbiamo indagato anche altre componenti, come le popolazioni di animali nella zona, e i risultati mostrano che c’è un potenziale per un’ulteriore propagazione della radioattività. È aumentata la preoccupazione per eventuali incendi, che distribuirebbero i contaminanti anche lontano da Chernobyl tramite il fumo”. L’accumulo di materiale organico riscontrato in loco, spiegano i ricercatori, è infatti estremamente asciutto e facilmente infiammabile.

@Eleonoraseeing

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Crediti immagine: Timm Suess, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".