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Il cervello che prova dolore

4480361923_229a1eb003_bAPPROFONDIMENTO – Il dolore ha a che fare con il nostro cervello e per questo chi se ne occupa e si prende in cura pazienti che soffrono di dolore cronico ha solitamente l’aspetto del neurologo, o dell’algologo, il medico specializzato nella terapia del dolore, sia acuto sia cronico. Abbiamo visto su OggiScienza le implicazioni farmacologiche e le terapie possibili (ne abbiamo parlato qui e qui), la necessità di creare una rete per diffondere la conoscenza di un problema e la sua possibile soluzione, a prescindere da una cultura che vede nel dolore una sorta di processo di fortificazione. Chiudiamo la panoramica chiedendo a Paolo Marchettini, responsabile del Centro di medicina del dolore all’interno della neurologia del San Raffaele di Milano di entrare un po’ nel nostro cervello, durante il dolore.

Qual è il meccanismo alla base del dolore cronico?

In natura il dolore origina dall’eccitazione di cellule nervose specializzate a percepire stimoli di elevata intensità. In alcuni casi particolari dopo una lesione grave queste cellule continuano a scaricare in modo autonomo. Una sorta di cambiamento rispetto al programma abituale: la cellula nervosa della via del dolore scarica ad alta frequenza, eccitando in modo permanente le cellule con cui è in contatto nel sistema nervoso centrale. In pratica il sistema nervoso della via della trasmissione del dolore risulta sempre attivato. In alcuni modelli sperimentali sono state isolate delle cellule nervose che dopo stimolazione ripetuta scaricavano anche a riposo, come se fossero diventate epilettiche. Questi fenomeni sono spesso responsabili di dolori persistenti (cronici.)

Qual è la differenza tra dolori?

La prima differenza riguarda il dolore cronico e quello acuto. La più ovvia definizione è temporale: il primo si protrae per più di 3-6 mesi, mentre il secondo è di durata limitata. In realtà il dolore cronico in molti casi è una condizione complessa che comporta un cambiamento nell’architettura e funzione del sistema nervoso. Il dolore cronico altera le attività di scarica dei neuroni, modificando quindi il sistema nervoso. Purtroppo non esiste ancora una completa conoscenza sui meccanismi di queste condizioni, che sono diversi e complicati, per questo non tutti sono d’accordo nel considerare sempre valida la teoria che tutti i dolori di lunga durata siano la conseguenza di modifiche nel sistema nervoso. Molti scienziati ritengono che la sede principale delle alterazioni nel sistema nervoso non sia il solo midollo spinale, ma la corteccia che elabora le emozioni, la parte psicologica. Il dolore creerebbe uno stato emotivo depressivo che altera umore e ciclo del sonno e alimenta il dolore stesso.

Quindi il dolore non è sempre uguale …

No, esistono diversi tipi di dolore, in relazione alle diverse cause che lo scatenano (neuropatici e non neuropatici o nocicettivi) e in relazione alla loro durata (acuti e cronici). Quando la lesione colpisce direttamente il sistema nervoso siamo di fronte al dolore neuropatico, questo significa che la lesione avviene a carico del sistema nervoso stesso e le scariche neuronali possono essere permanenti. Si tratta sempre di una lesione a livello di nervi periferici o del sistema nervoso centrale. Nel caso dell’artrosi, il dolore di lunga durata ha origine da ossa e articolazioni alterate che stimolano in modo del tutto naturale i nocirecettori, sensori periferici del dolore, senza intaccare il sistema nervoso. Permane per anni, ma compare ciclicamente e non è presente 24 ore su 24. Nel dolore cronico più grave si modifica invece il modo stesso in cui viene processato il dolore, con la produzione di nuove vie eccitatore. Nel dolore acuto invece, che spesso è conseguente a un trauma oppure a un’infiammazione, abbiamo una lesione all’esterno del sistema nervoso: questa innesca una cascata chimica che eccita le cellule nervose dedicate alla percezione del dolore, ma non ci sono cambiamenti a lungo termine.

Qual è il senso di questa eccitazione permanente?

Il dolore acuto ha lo scopo di proteggerci da tutto ciò che può danneggiarci: il dolore per una bruciatura, quello provato per tagli, ferite, urti. Il dolore cronico non ha questo scopo protettivo ma è una condizione che fa sì che il sistema nervoso manifesti la sua plasticità. La causa che ha generato il dolore passa o è eliminata, ma il sistema nervoso continua a produrre gli stessi segnali, esattamente come avviene per i ricordi, si è generata una memoria del dolore e lo si continua ad avvertire. Le modifiche nel sistema nervoso sono la conseguenza di un dolore acuto molto intenso e producono il suo perpetuarsi, ossia il dolore cronico.

Quindi come va trattato questo problema?

Modificando il modo in cui si comporta il sistema nervoso, per esempio trattando il paziente con antiepilettici e antidepressivi che sono farmaci che riducono le scariche dei neuroni o potenziano i sistemi inibitori. Contro l’iperattività del cervello utilizziamo gli stessi farmaci che curano problemi in apparenza di natura differente come epilessia, amnesia, depressione, ma accomunati da un cambiamento nella struttura del sistema nervoso lesionato. Si utilizzano farmaci che modificano quindi le scariche nervose. Nel dolore acuto invece le vie del sistema nervoso sono intatte e quindi la terapia deve essere diversa, si ricorre agli antinfiammatori, eventualmente anche agli oppioidi in particolari condizioni di gravità.

Sono farmaci che vanno assunti per tutta la vita?

Non sempre, in alcuni casi si riescono a ripristinare i circuiti neuronali grazie a trattamenti comunque lunghi e prolungati. Purtroppo si tratta di un evento raro, ma succede.

Il dolore non è uguale per tutti …

La soggettività del dolore è una leggenda metropolitana. Non esistono grandi differenze tra le persone nella soglia del dolore percepito, e anche meno considerando la soglia di attivazione dei recettori. Questa soglia critica può essere misurata con degli strumenti e noteremmo subito quanto siano simili tra individui diversi. Quello che varia è la capacità di sopportare il dolore. Lo stesso individuo nel corso della sua vita può avere momenti diversi in cui lo stesso stimolo non viene tollerato nella stessa misura. Questa capacità, che varia non solo tra individui, ma all’interno della vita di una sola persona, è influenzata dallo stato emotivo di quel momento, dalle motivazioni che ci spingono a sopportare, dal contesto e da ciò che stiamo vivendo, come in caso di interventi chirurgici che possiamo vivere con maggiore o minore coraggio se crediamo che ci possano guarire o se sono tappa del calvario di una grave malattia. Nel dolore cronico lo stress emotivo gioca quindi un ruolo fondamentale, che è molto meno evidente nel dolore acuto.

Crediti immagine: Britt-knee, Flickr

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